I consulenti finanziari parlano spesso del passaggio generazionale con i loro clienti, ma molto meno frequentemente si discute del loro passaggio.
In pratica, questi professionisti sono sostanzialmente imprenditori e spesso di successo: appare perciò logico che nella loro attività vengano affiancati dai figli e in seguito sostituiti. Il loro tipo di lavoro, del resto, si presta perfettamente a un ricambio generazionale, all’inserimento dei cosiddetti “figli d’arte”.
Addirittura entusiasta di come si sta evolvendo questo fenomeno è Stefano Volpato, direttore commerciale di Banca Mediolanum.
«Il passaggio generazionale all’interno di una stessa famiglia non è solo auspicabile, ma lo agevoliamo e lo favoriamo, perché risponde alla nostra “legge dei 3 sì”: sì per l’azienda, sì per il cliente e sì per il consulente. Dare continuità generazionale a un portafoglio da un genitore a un figlio o a una figlia dà garanzia all’azienda di tenuta del portafoglio. Per il professionista, inoltre, cullare il sogno di passare la titolarità del portafoglio al proprio erede rappresenta una grande soddisfazione personale, perché determina la cornice all’interno della quale si svilupperanno la vita e le soddisfazioni del figlio. Infine, anche per il cliente, avere la garanzia della continuità relazionale dà sicurezza, in vista del passaggio generazionale che accadrà anche nella sua famiglia. Spesso il figlio, che comincia ad affiancare il genitore nell’attività di consulenza finanziaria si interfaccia meglio con la componente più giovane dei nuclei familiari. Hanno codici comportamentali e di comunicazione comuni. Anzi, l’influsso che arriva dal figlio regala generalmente una dimensione nuova, più fresca alla consulenza, gioco forza per la diversa esperienza ed età del proprio genitore».
Continua così Stefano Volpato: «Le uniche criticità che possono emergere riguardano il rapporto personale genitore-figlio, che può subire alcuni scossoni di assestamento, perché i due si scoprono in una nuova dimensione sociale, quella lavorativa. Il figlio impara a vedere il genitore nel ruolo di maestro, di insegnante, di professionista che sta trasferendo la propria esperienza e il proprio bagaglio relazionale. Mentre il genitore scopre la modalità di approccio al lavoro del figlio, la sua capacità di rispettare gli impegni, di tenere fede ai propri obiettivi. Da questo punto di vista, bisogna imparare a sapersi confrontare. Per favorire il dialogo, noi cerchiamo di offrire supporti formativi e consigli utili per affrontare dinamiche inedite e dedicate che vanno inquadrate in una dimensione sostenibile, di sviluppo, di crescita dove il padre impara a delegare e il figlio apprende ad assumersi le sue responsabilità. Sono tutti aspetti che tendiamo a strutturare in una modalità organica e duratura per fare in modo che questo rapporto si sviluppi in maniera positiva».
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Redazione
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