Secondo Francesco De Astis, responsabile italian equity di Eurizon, pur nel momento difficile che stiamo vivendo, qualche opportunità nlle Pmi italiane si trova. De Astis è anche responsabile del team di gestione dei portafogli Pir ed Eltif di Eurizon.
Il mercato azionario italiano tende a essere piuttosto volatile e caratterizzato da un certo beta. Quale approccio è consigliabile per ridurre la correlazione con il ciclo globale e il grado di rischio?
«Sono passati quasi tre mesi di guerra accompagnati dalle notizie negative su inflazione, tassi e crisi energetica E il pessimismo ha ormai investito trasversalmente consumatori, analisti e mercati finanziari. L’attuale instabilità dei mercati si è tradotta in un aumento del premio al rischio, volatilità e corsa agli asset reali. La salita del premio al rischio sui mercati azionari insieme con l’aumento del tasso risk-free ha spinto al ribasso le valutazioni dei titoli. Per quanto riguarda la volatilità, il Vix sta facendo segnare nuovi massimi annuali. Infine, gli asset reali, non sottraggono gli investitori al bear market, come dimostra l’esperienza degli anni Settanta. Ma alla fine si comportano meglio di cash e titoli del debito. Da quanto detto risulta chiaro che al momento la parola d’ordine dei portafogli azionari resta “prudenza”. Va anche detto, però, che i mercati stanno già scontando significativi rialzi dei tassi di interesse e la pressione sul reddito fisso potrebbe pertanto allentarsi. Potrebbero esserci rapidi recuperi del mercato in caso di riduzione delle tensioni geopolitiche e/o indicazioni da parte delle banche centrali che forniscano qualche sollievo. Detto ciò, sembra però ancora troppo presto per diventare più costruttivi, data la continua pressione stagflazionistica che rappresenta una minaccia significativa per gli asset rischiosi».
Dove vedete le migliori occasioni? Qual è la strategia migliore per generare alfa sull’equity italiano?
«Nell’attuale contesto di mercato riteniamo che i settori/titoli da preferire siano quelli che maggiormente beneficeranno dei futuri investimenti pubblici (difesa, energia, digitalizzazione, infrastrutture). Dovrebbero aiutare i gestori nel corso dei prossimi mesi a traghettare i loro portafogli nelle agitate acque della volatilità».
Vedete un progresso tecnologico da parte delle imprese italiane, dato che l’hi tech è spesso considerato un punto dolente del nostro sistema?
«Non ci sono dubbi che la tecnologia sia l’alleato numero uno per lo sviluppo e l’efficienza delle nostre imprese. Purtroppo, in Italia, l’innovazione ha vissuto una crisi che ha aggravato le debolezze legate a un’attività tecnologica poco sviluppata, dovuta a una molteplicità di fattori. Alcuni di questi sono la limitata attenzione rivolta a settori come ricerca e sviluppo, alla presenza di poche grandi imprese. Ha inciso anche l’acquisizione di molte piccole aziende italiane innovative da parte di grandi multinazionali straniere. Infine c’è la difficoltà a finanziare l’innovazione da parte delle Pmi e la conseguente fuga delle relative competenze dal nostro Paese. Sono un’eccezione le imprese innovative capaci di esportare all’estero i propri prodotti. L’imprenditoria italiana rimane caratterizzata da micro e piccole realtà con pochissime attività e ridotta spesa in ricerca.
Di qui l’importanza dell’azione svolta negli ultimi anni dai Piani individuali di risparmio volti a contribuire allo sviluppo del nostro mercato dei capitali. Sono indispensabili per dare alle nostre Pmi l’accesso alle fonti di finanziamento necessari per supportare innovazione e crescita. In futuro, un aiuto dovrebbe arrivare dai fondi del Pnrr. Essi rappresentano un’opportunità unica per l’Italia per cambiare la propria struttura economica e rilanciare la competitività del Paese. A cominciare dalle tante piccole e medie “multinazionali tascabili” italiane, motore del nostro export industriale».
Redazione
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