Caroline Maurer, head of China and Hong Kong equities di Hsbc Asset Management, partecipa al Focus Cina.

Ritenete che in Cina ci siano le potenzialità di una ripresa economica?

«La ripresa della crescita cinese è ancora disomogenea ed è costretta a fare i conti con molteplici venti contrari: rischia di dovere affrontare un lungo periodo di sviluppo moderato dovuto alle conseguenze economiche provocate dalla pandemia. Le politiche macroeconomiche espansive sostengono il recupero della domanda interna e presuppongono un significativo allentamento dell’approccio zero-Covid nel 2023 e un’eventuale stabilizzazione dell’attività immobiliare, man mano che si fanno sempre più evidenti gli effetti del supporto politico. La People’s Bank of China ha mantenuto una politica monetaria accomodante mediante tagli dei tassi, una gestione proattiva della liquidità e un sostegno mirato al credito. Inoltre,  ha adottato, al contempo, azioni per gestire la volatilità e le aspettative sui tassi di cambio. Una nota positiva è la resilienza delle esportazioni negli ultimi mesi, che continuano a beneficiare della riapertura e della normalizzazione della catena di approvvigionamento, oltre che dell’aumento dei prezzi all’esportazione. I dati hanno anche evidenziato un’ulteriore conferma dello stimolo del governo in materia di infrastrutture, mentre le vendite e la produzione di automobili hanno beneficiato di una ripresa temporanea, grazie ai tagli alle imposte sull’acquisto di veicoli. Con la conclusione del 20° congresso del Partito comunista cinese e l’insediamento del nuovo Comitato, ci aspettiamo che i prossimi mesi siano caratterizzati dall’avvio di un maggiore numero di strategie coordinate che mirino a sostenere la crescita. Prevediamo che la politica anticiclica complessiva continuerà a supportare la ripresa della crescita e l’eventuale stabilizzazione dell’immobiliare. In prospettiva, siamo convinti che la domanda interna si riprenderà gradualmente e che l’economia sarà favorita da politiche macroeconomiche espansive, dalla normalizzazione delle normative sulle big-tech, che aiutano il sentiment delle aziende e degli investitori, e da un’implementazione delle politiche anti-Covid meno impattante sulla catena di approvvigionamento e sui consumi. L’ultima ondata pandemica sembra che sia già stata meno critica per la spesa dei consumatori e per i viaggi domestici, che hanno riportato dati più incoraggianti rispetto al secondo trimestre. Questo fattore potrebbe essere riconducibile all’avvio di una strategia di contenimento del virus meno rigorosa, adottata a partire da maggio, in presenza di un aumento dei tassi di richiamo per il vaccino».

Quali saranno, secondo voi, i futuri trend di consumo del paese?

«I due temi di lungo periodo, “prosperità comune” e “carbon neutrality”, sono di supporto e, a nostro avviso, favoriscono opportunità di investimento. La prosperità comune promuove una migliore e più equa fornitura di servizi pubblici, reti di sicurezza sociale, possibilità di lavoro e una maggiore regolamentazione della distribuzione del reddito e dell’accumulo di ricchezza. Ridurre gli oneri per l’istruzione, l’healthcare e l’housing dovrebbe essere un fattore positivo per i consumi del mass market nel lungo periodo, ad esempio per le automobili prodotte da brand locali, per i cosmetici, per lo sportswear e per il turismo. La carbon neutrality, invece, richiede un approccio proattivo e costante alla decarbonizzazione. L’aumento strutturale del costo di energia e materie prime offre prospettive di crescita robuste per i nuovi veicoli elettrici e per l’energia solare ed eolica, che aiutano anche le aziende locali a entrare nelle catene di fornitura globali».

Ritenete che l’investimento in Cina possa essere considerato una valida diversificazione all’interno di un portafoglio? 

«La piazza finanziaria cinese presenta una correlazione relativamente bassa con i listini dei paesi sviluppati ed emergenti, dal momento che, in passato, gli investitori stranieri non potevano accedere al mercato interno. La Repubblica popolare è la seconda economia più grande a livello mondiale e, nell’ultimo decennio, ha contribuito a un terzo della crescita globale. In qualità di principale centro di produzione ed esportazione, la Cina nell’export globale ha raggiunto il 15% nel 2021 e ha continuato a registrare una crescita del Pil superiore a quella della maggior parte dei paesi sviluppati e di molti in via di sviluppo, nonostante i timori di un rallentamento economico e i venti contrari di carattere geopolitico. L’aumento degli investimenti in R&S e dei brevetti potrebbe favorire l’innovazione futura e la crescita di elevata qualità. Il ciclo della politica monetaria cinese è diverso da quello delle altre banche centrali. In netto contrasto col resto del mondo, dove gli istituti di emissione stanno aumentando i tassi e inasprendo la politica monetaria a un ritmo incalzante a causa dei timori per l’inflazione, la Cina, in presenza di una minore pressione inflazionistica, ha avviato un trend di allentamento dalla fine del 2021. L’offerta di moneta cinese (M2) ha registrato un forte rimbalzo, con un aumento del 12,2% anno su anno, grazie a un ulteriore sostegno monetario. Il governo ha inoltre alleggerito le politiche sul mercato immobiliare e ridotto i tassi sui mutui, cercando di stimolare le compravendite immobiliari. Qualora i venti contrari continuassero e determinassero un rallentamento globale e un indebolimento delle esportazioni, potremmo assistere a un ulteriore allentamento delle condizioni monetarie e fiscali».

Qual è il vostro giudizio sulle valutazioni delle azioni cinesi e dove ritenete che si possano cogliere le migliori opportunità? 

«Mentre le valutazioni si sono significativamente ridotte in considerazione dei rischi macroeconomici (tra questi una Fed più restrittiva), il calo degli utili ha continuato a diminuire dopo le trimestrali del primo semestre, con alcuni upgrade nel comparto internet cinese e nel settore dell’energia, mentre altri settori, soprattutto l’immobiliare, l’healthcare e l’information technology, hanno continuato a riportare performance al ribasso. Attualmente, l’Msci China è scambiato a 10,8 P/E forward, al di sotto della media storica di lungo periodo. Se escludiamo gli Adr, il livello cui tratta l’indice è ancora più interessante: 6,5 volte. Le valutazioni ridotte non sono mai state una condizione/ragione sufficiente per investire, ma bisogna considerare che i buyback di azioni hanno raggiunto un livello record, fornendo un supporto al ribasso per il mercato. Nonostante il calo degli utili, riteniamo che il periodo più difficile sia ormai alle spalle e che le valutazioni inizino ad apparire interessanti. Pertanto, nei prossimi tre-sei mesi prevediamo di incrementare le esposizioni a determinati settori».

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Pinuccia Parini

Dopo una lunga carriera in ambito finanziario sul lato, sia del sell side, sia del buy side, sono approdata a Fondi&Sicav