Secondo Vincent Chaigneau, head of research di Generali Insurance Asset Management, che ha scritto l’outlook per il 2023, nella prima parte dell’anno appena iniziato non ci sarà molto di buono da aspettarsi: le banche centrali continueranno nella loro dura azione di contenimento dell’inflazione, i venti di recessione in tutte le maggiori economie saranno ancora presenti e i mercati, obbligazionari e azionari, dovranno soffrire non poco.

È però possibile che ci si possa nuovamente aprire al rischio nella seconda parte dell’anno, anche se, probabilmente, per avere risultati positivi bisognerà attendere il 2024, che dovrebbe vedere i primi tagli ai tassi.

Quali sono le prospettive per i mercati globali nel 2023?

«Se c’è un elemento che il nostro outlook 2022 aveva correttamente indicato, era il messaggio chiave nel titolo: “Bye-Bye beta”. Come previsto, l’impennata dei rendimenti reali ha portato a un aumento della correlazione azioni-obbligazioni, un fattore negativo per la diversificazione. In effetti, il 2022 è stato in gran parte incentrato sulla politica monetaria, con l’inasprimento dei timori che ha spinto al ribasso i prezzi delle obbligazioni e delle azioni per circa tre trimestri, prima di diminuire nel quarto trimestre. I mercati guidati dalla politica monetaria tendono a vedere una correlazione positiva tra azioni e obbligazioni. È stato un anno orribile per il beta, certamente peggiore di quanto ci aspettassimo, poiché la guerra contro l’Ucraina ha deteriorato il mix crescita-inflazione. L’invasione da parte della Russia ha posto fine a due decenni geopolitici relativamente tranquilli e interrotto gravemente la catena di approvvigionamento energetico, dopo che la pandemia di Covid aveva già esposto ai rischi associati alle interconnessioni commerciali globali. Anche dopo il rimbalzo del quarto trimestre, il 2022 è stato un anno negativo per i portafogli bilanciati». 

C’è speranza che questo trend cambi nel 2023?

«Il 2023 sarà migliore. Almeno siamo convinti che la correlazione azioni-obbligazioni si ritirerà man mano che i rendimenti reali statunitensi a lungo termine si stabilizzeranno o addirittura diminuiranno, mentre cresceranno le forze di recessione. Resta l’incertezza sul pivot della Fed, ma prevediamo ulteriori ribassi per la volatilità dei tassi con l’avvicinarsi della fine del ciclo di inasprimento. Sarà sufficiente per spingere ancora più in alto i prezzi delle attività di rischio? Non nel primo semestre 2023. Una maggiore attenzione ai profili ciclici, alla propensione al rischio o alla politica fiscale, piuttosto che alla politica monetaria, tende a ridurre le correlazioni. In questo caso, il consenso potrebbe non valutare adeguatamente il rischio di una recessione degli utili. Inizieremo, quindi, l’anno con una posizione difensiva nei confronti delle azioni e dei titoli ad alto rendimento, privilegiando Treasury e credito globale investment grade. Probabilmente aumenteremo nuovamente il rischio nei portafogli più avanti nel corso dell’anno, una volta che la recessione statunitense sarà stata scontata meglio e ci avvicineremo ai tagli della Fed, potenzialmente nel quarto trimestre».

L’Europa potrebbe risentire più di altre aree del peggioramento dello scenario economico: il 2023 sarà davvero un anno molto pesante per il Vecchio Continente?

«Finora l’attività economica dell’area euro ha tenuto bene. È cresciuta del +0,3% su base trimestrale nel terzo trimestre e i più recenti indicatori del sentiment hanno ancora mostrato segni di miglioramento, da livelli molto bassi. Il mercato del lavoro è rimasto solido e la fiducia dei consumatori ha toccato il fondo. Tuttavia, prevediamo una recessione entro la fine dell’anno: i prezzi dell’energia relativamente alti in Europa comporteranno uno svantaggio competitivo duraturo e l’inasprimento delle condizioni finanziarie sarà inevitabilmente negativo nel primo semestre. L’inflazione ostinatamente alta continua a frenare l’attività. Mentre il tasso di inflazione del 10,6% di ottobre 2022 ha probabilmente segnato il picco, ci aspettiamo un calo piuttosto lento, con una media ancora al 6,0% nel 2023, dopo l’8,5% nel 2022. È importante sottolineare che l’inflazione di fondo si dimostrerà vischiosa ma, per i consumatori, gli aumenti salariali non la compenseranno completamente, mentre un mercato del lavoro in deterioramento intaccherà anche il reddito reale. I consumi sono ancora sostenuti dall’impiego di risparmi in eccesso legati alla pandemia. Ma non sappiamo sino a che punto possa proseguire nel 2023».

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Giuseppe Riccardi

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