Secondo la visione di Alessandro Capeccia, responsabile investimenti di Fideuram Asset Management Sgr, lo scenario più probabile è che si verifichi, sia in Europa, sia negli Stati Uniti, una recessione relativamente modesta, non in grado, perciò, di fare troppo male all’economia e ai mercati finanziari. Certamente, in un contesto di questo genere, l’azione delle banche centrali sarà fondamentale, soprattutto se il rialzo dei tassi cessasse verso la metà dell’anno.
Sentiment sostanzialmente positivo, invece, sulla Cina e diversi altri paesi emergenti: la Repubblica Popolare dovrebbe essere da una parte avvantaggiata dal fatto che non ha particolari problemi di inflazione e che sta proseguendo una forte politica fiscale e monetaria, dall’altra dallo stop alla politica zero-Covid. Quanto agli emergenti, la fine del rally del dollaro dovrebbe costituire un elemento molto positivo. E India e Messico dovrebbero essere i paesi più avvantaggiati.
L’Europa è davvero in crisi profonda? Il 2023 sarà ancora un anno molto difficile?
«Il nostro scenario centrale incorpora da mesi una recessione di modesta entità, sia negli Usa, sia in Europa, dove la contrazione del Pil dovrebbe essere iniziata già nell’ultimo trimestre del 2022. Per capire l’andamento dei mercati nell’area euro, come negli Usa, sarà determinante la traiettoria di discesa dell’inflazione prevista graduale nel corso del 2023. Nel contempo, la ripresa economica in Cina potrebbe avere effetti positivi significativi già dalla primavera con ripercussioni positive anche in Europa. In sostanza, ci attendiamo una riduzione del Pil inferiore all’1%, valori ampiamente attesi e scontati dal mercato azionario. Sui bond il tema principale è legato alla crescita dei prezzi; la stabilizzazione della componente energetica dovrebbe riflettersi in una graduale discesa dell’inflazione e portare a una minore volatilità sulle obbligazioni governative europee. Ci attendiamo che la Bce prosegua con aumenti dei tassi ufficiali solo nel primo semestre a fronte del deterioramento della congiuntura e con i primi dati di rallentamento dell’inflazione. Rimane, tuttavia, uno scenario incerto con una probabilità, secondo noi bassa, ma non nulla, che vede una recessione più acuta indotta da un’attività di restringimento monetario più corposo da parte della Bce e caratterizzato da ribassi dei corsi azionari e obbligazionari dell’area euro con un ritorno sui livelli dello scorso autunno».
Quindi una scarsa propensione al rischio.
«L’Europa è l’area geografica dove le valutazioni sono inferiori, sia storicamente, sia per la presenza di rischi macro superiori ad altre zone; il riposizionamento nel corso dell’anno su attività di rischio dovrà comunque includere anche l’Europa, soprattutto nel caso di un’auspicata soluzione positiva della guerra in Ucraina, che genererebbe un ritorno degli investitori mondiali sull’area euro. La sovraperformance dello scorso anno del Vecchio continente, rispetto agli Stati Uniti, ha ridotto la convenienza relativa dell’area, ma rimangono sacche di sottovalutazione interessanti anche in un contesto di modesta recessione come noi prevediamo. Sarà determinante il percorso dell’inflazione da un lato e le risposte della Banca centrale dall’altro. In uno scenario di discesa dei prezzi e di una Bce meno repressiva soprattutto nella seconda parte dell’anno, le condizioni per l’investimento in Europa dovrebbero via via migliorare e offrire ritorni interessanti. Al momento, riteniamo favorevole un posizionamento nelle obbligazioni societarie investment grade, che offrono spread interessanti rispetto al passato e dovrebbero garantire una maggiore tenuta anche in presenza di un rallentamento ciclico. Rimaniamo quindi costruttivi sul Vecchio continente, consapevoli che ci potranno essere opportunità da cogliere nei prossimi mesi».
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Redazione
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