I titoli con scadenze comprese tra 1 e 3 anni hanno già scontato bruscamente l’inversione di rotta sui tassi. Paolo Paschetta, country head di Pictet Asset Management

 

L’impennata dell’inflazione e la conseguente reazione in materia di tassi d’interesse da parte delle banche centrali hanno penalizzato i corporate bond nel 2022. Cosa vi aspettate per l’anno in corso?

Dopo il repricing dello scorso anno e i movimenti registrati nel mese di febbraio, le valutazioni si confermano interessanti in molte aree del mercato del credito, tanto in termini di rendimento totale quanto di spread creditizi. In particolare, l’appetito per il segmento delle obbligazioni corporate resta buono. Le obbligazioni di buona qualità continuano a offrire oggi in media un ritorno superiore a quello dei titoli ad alto dividendo, tornando quindi a giocare un ruolo chiave nei portafogli di tutti gli investitori interessati a ottenere un flusso di reddito costante. Il repentino aumento dei tassi di interesse e le condizioni monetarie più restrittive, inoltre, hanno portato all’appiattimento delle curve dei rendimenti, specie a livello di credito investment grade, che mostra ora le opportunità più interessanti sulle scadenze più brevi.

Quali tipologie di corporate bond state privilegiando in questa fase di mercato in termini di affidabilità creditizia, duration, settori, aziende?

In un contesto che si conferma complesso, è possibile trovare opportunità interessanti nel perimetro delle obbligazioni in euro a breve termine (1-3 anni), meno sensibili ai movimenti sui tassi e che hanno scontato più bruscamente il cambio di direzione delle politiche monetarie a partire dal secondo trimestre del 2022. Sulle scadenze brevi del comparto corporate di buona qualità si possono ottenere ritorni superiori al 4%, migliori anche dell’intero paniere europeo di buona qualità.

Gli investitori con una maggiore propensione al rischio possono invece valutare un posizionamento sul credito high yield a breve scadenza. In questa fase, le valutazioni appaiono, infatti, attraenti: i tassi di default restano inferiori alle medie di lungo periodo (poiché negli ultimi anni le aziende hanno effettuato rifinanziamenti a tassi bassi e con scadenze lunghe), i fondamentali delle aziende si confermano solidi e i rendimenti su questo segmento della curva arrivano a sfiorare il 7%.

La scelta di privilegiare l’universo europeo consente inoltre di neutralizzare il rischio cambio: se è vero che nel 2022 il dollaro si è rafforzato in modo importante, guadagnando oltre 8 punti percentuali sulle principali valute, ci si attende che il biglietto verde inverta la sua tendenza (come peraltro ha iniziato a fare tra la fine dello scorso anno e il mese di gennaio), portando l’euro a recuperare terreno.

Complessivamente, date le basse aspettative di crescita per l’anno in corso, la domanda degli investitori dovrebbe concentrarsi su aziende leader di mercato e appartenenti a settori meno ciclici, meno sensibili alla compressione dei margini. La selezione attenta degli emittenti, e un approccio diversificato, è la via maestra per evitare spiacevoli sorprese nel 2023.


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Rocki Gialanella

Laurea in Economia internazionale presso l’Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’. Ho abbracciato il progetto FondiOnline.it nel 2001 e da allora mi sono dedicato allo sviluppo/raggiungimento del target che ci eravamo prefissati: dare vita a un’offerta informativa economico-finanziaria dal linguaggio semplice e diretto e dai contenuti liberi e indipendenti. La storia continua con FONDI&SICAV.