Considerando che i giovani che escono dalle facoltà di economia rimangono restii a entrare in una società di collocamento di prodotti finanziari, il bacino costituito dai bancari diventa sempre più strategico, molto più di quanto non lo fosse in passato.
Stefano Lenti, responsabile area consulenti finanziari di Banca Generali, mette l’accento su un altro problema: la necessità di rinnovare con nuovi inserimenti dall’esterno una professione che, nonostante la forte crescita professionale di questi anni, fa fatica a trovare giovani disposti a impegnarsi: la costante crescita dell’età media è una difficoltà che sta diventando sempre più evidente: «Da sempre, il mondo delle banche tradizionali e dei private banker rappresenta un bacino di crescita importante per il nostro settore. Nonostante il rallentamento del reclutamento avvenuto nel 2022, legato meramente al contesto di mercato, il trend non si arresterà. Tutto ciò è collegato non solo all’opportunità di crescere in termini di masse per le aziende con “iniezioni” di nuovi professionisti, ma anche alla possibilità di ringiovanire un settore, quello della consulenza finanziaria, che ha un solo grande problema: l’età media in continua crescita. Infatti, le reti hanno consulenti con portafogli sempre più grandi, e professionalità elevatissime, ma fanno fatica a gestire il prossimo ricambio generazionale e l’unico modo per farlo con persone già professionalizzate è attingere dal sistema bancario tradizionale».
Stefano Lenti di Banca Generali, che vede nell’indubbio salto economico che il passaggio da una professione all’altra comporta, un elemento in fondo secondario: il modo di lavorare delle aziende di credito e la mancanza di libertà nel rapporto con la clientela sono spiegazioni probabilmente molto più vicine alla realtà: «Le motivazioni di chi fa questa scelta sono ormai chiare e in grande evoluzione. Mentre in passato una delle leve più importanti poteva essere quella economica o una migliore gestione del proprio tempo, oggi chi compie questa scelta lo fa per due motivi principali. Il primo è legato alle eccessive pressioni commerciali che le banche hanno iniziato a fare da 10 anni a questa parte per collocare i prodotti di loro interesse e ciò non è più sostenibile per molti dipendenti. Il secondo, spero più importante, è proprio la voglia di una crescita professionale, basata su piani formativi specifici, su livelli di servizio migliori e una libertà di azione che solo le aziende basate su un modello di business che ha come perno centrale il consulente finanziario sono in grado di dare. Direi che la crisi del settore bancario tradizionale e la crescita inarrestabile che le reti hanno messo a segno negli ultimi 15 anni dimostrano l’oggettività di questa analisi e il gap non può che continuare ad aumentare».
Redazione
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