La ricerca di bancari che vogliono lasciare lo sportello rappresenta tuttora uno dei cardini delle politiche di reclutamento delle reti. Da una parte è uno dei pochi bacini rimasti per rinnovare una professione che sta inesorabilmente invecchiando, dall’altra il netto miglioramento dell’immagine e della professionalità dei consulenti rappresenta un’opportunità molto interessante per coloro che cercano di crescere. Ma, soprattutto, per un impiegato allo sportello non si tratta più di cambiare mestiere, ma di portare avanti il medesimo impegno in strutture che sono sempre meno reti di vendita e sempre più banche che operano a 360 gradi.

Massimo Taricco, vicedirettore commerciale di Banca Patrimoni Sella & C. «La premessa è che la crescita della nostra rete non è mai stata codificata o indirizzata verso precisi segmenti di mercato. Al contrario, preferiamo ascoltare e restare ricettivi rispetto alle esigenze di chi, svolgendo la professione legata alla consulenza finanziaria, risente di un non perfetto allineamento di pensiero con le strategie delle aziende di provenienza. Ciò ha comportato una situazione per cui negli ultimi anni abbiamo effettivamente assecondato il passaggio di alcuni impiegati bancari che hanno ridefinito con successo il proprio profilo. In estrema sintesi, dunque, sì, è un aspetto al quale guardiamo con interesse e favore».

Massimo Taricco di Banca Patrimoni Sella & C, mette l’accento sul lato psicologico del passaggio a una rete: «Tracciare un identikit preciso non è cosa semplice. Possiamo, a grandi linee, identificare caratteristiche trasversali alla maggioranza dei candidati, in primis una forte passione per la tipologia di questo mestiere. Alcuni, infatti, hanno vissuto il tipico percorso bancario partendo dai lavori più consueti, come le attività allo sportello, a contatto con il pubblico, per poi avvicinarsi e appassionarsi all’ambito degli investimenti. Accanto alla gestione del cliente, per la quale è già richiesta una certa predisposizione, si aggiunge quindi l’interesse e la convinzione verso una professione costruita gradualmente nel settore degli investimenti. A ciò si aggiunge un tema, più psicologico, che attiene al valore della relazione interpersonale. Spesso il private banker che lavora con coscienza assurge al ruolo di confidente, uscendo dalla mera dimensione della consulenza sugli investimenti e diventa un punto di riferimento a tutto tondo per il cliente e la sua famiglia. Si crea un legame di fiducia difficile da sciogliere, anche laddove molte realtà del nostro settore tendono a spersonalizzare e disincentivare il consolidamento di questo genere di rapporto. Infine, naturalmente, bisogna considerare l’elemento imprenditoriale: a motivare il passaggio è spesso il desiderio di fare sì che il proprio lavoro non sia costituito solo da conformità e attività standardizzate, ma al contrario si nutra di sviluppo della fiducia della propria clientela e dei portafogli a questa riferibili”.

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Redazione

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