Andrea Francia, area manager per il Lazio, l’Umbria e la Toscana di Bnl Bnp Paribas Life Bankers.

All’interno delle reti, il ruolo di area manager negli ultimi anni è profondamente cambiato, in linea con i mutamenti che ha avuto la professione di consulente finanziario. Fondi&Sicav  ha deciso di approfondire   l’argomento attraverso l’ultima inchiesta del magazine.

Inaugura la prima intervista Andrea Francia, area manager per il Lazio, l’Umbria e la Toscana di Bnl Bnp Paribas Life Bankers.

Può raccontare la sua carriera e come ha fatto a diventare area manager?

«Dopo alcune prime esperienze professionali, il mio percorso nel settore è iniziato ed è proseguito con più di 10 anni di collaborazione con Credem Banca: in una prima fase mi sono dedicato alla gestione specialistica della mia clientela, poi, dopo circa cinque anni e dopo avere raggiunto traguardi notevoli in termini di sviluppo di portafoglio, mi sono appassionato all’aspetto della gestione di risorse e ho cominciato a coltivare il desiderio e l’ambizione di  creare un gruppo di colleghi consulenti da coordinare. Purtroppo, però, questa mia aspirazione non ha trovato ascolto nei miei manager dell’epoca, fatto che, inevitabilmente, mi ha spinto a cercare un’azienda che, oltre a prospettarmi di migliorare il rapporto e accrescere le opportunità per servire al meglio i miei clienti, mi desse l’occasione di realizzare il mio desiderio di diventare manager. Quando ho incontrato il management di Bnl Bnp Paribas e avuto contezza del progetto “life banker” che stava nascendo, mi sono velocemente convinto che il mio posto fosse qui, con loro; avevo già chiara nella testa la strada che avrei voluto percorrere, consapevole delle difficoltà di un nuovo inizio, ma forte di un modello di offerta unico nel panorama del risparmio gestito e soprattutto galvanizzato dalla sfida che mi attendeva. Di lì a seguire, tutto ha preso una direzione condivisa; ho presentato il mio business plan a 24 mesi in termini di sviluppo e, naturalmente, ho incassato la piena fiducia di chi avrebbe dovuto decidere se fidarsi di me nell’intraprendere quella sfida. Ed eccomi qui, a quasi nove anni di distanza, a rinnovare il mio entusiasmo, fissando il quarto traguardo di crescita dell’area di cui sono manager».

Quale formazione ha avuto per diventare area manager?

«La più dura, completa, vera: quella che unisce la parte accademica all’esperienza sul campo. Mi sono messo alla prova, non più giovane, in un mestiere, quello del consulente finanziario, che richiede tanta capacità di resilienza, di gestione dello stress, ma anche altrettante qualità, quali l’ascolto, la comprensione, l’abnegazione. Ho appreso i principi della comunicazione non verbale, ho studiato la gestione delle obiezioni, migliorato la dote di leadership, sviluppato la guida dei team, seguito molti corsi di formazione sul ruolo del manager. Ma sono profondamente convinto che siano la giusta sintesi di formazione accademica e di conoscenza empirica e l’esperienza quotidiana sul campo a definire una donna o un uomo un manager. Ho fatto per molti anni (e tuttora continuo a farlo) un lavoro che mi aiuta molto a capire quali problematiche devono affrontare i miei colleghi, quali esigenze devono o vogliono soddisfare, quali ambizioni porsi e in che modo queste devono essere coltivate e fatte crescere, senza illusioni né pregiudizi. Da consulente a manager, senza scorciatoie o investitura per linea familiare, con passione e determinazione».

Quali sono le principali doti per essere un buon area manager?

«Le stesse che servono per essere un buon consulente finanziario, ovvero pensare prima agli altri e poi a sé stessi; quindi, nel caso di un consulente, prima ai propri clienti, nel ruolo di un manager, prima ai propri collaboratori. Anche la pazienza è una qualità importante; un manager deve averne in abbondanza. Senza tralasciare la competenza, che è un requisito imprescindibile, se si vuole avere il giusto riconoscimento dai propri colleghi. E ancora, la disponibilità, nell’essere un punto di riferimento per la gestione delle esigenze, e l’imparzialità, necessaria a raggiungere quell’equilibrio senza il quale non si possono fare progetti a lungo termine. Se riflettiamo su come dobbiamo essere per gestire la nostra famiglia, le nostre amicizie, la nostra vita a contatto con gli altri e che cosa dovremmo fare per riuscirci bene, allora non è difficile immaginare di quali doti necessitiamo per essere dei bravi manager».

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Redazione

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