a cura di Pinuccia Parini

Intervista a Michele Scolletta, managing director di Allianz Global Investors

Qual è l’impatto che lo sviluppo dell’intelligenza artificiale può avere sulle relazioni tra le principali potenze mondiali?

«L’impatto sarà significativo, perché cambierà la geografia economica. Allianz Global Investors ritiene, infatti, che l’intelligenza artificiale (Ai) debba essere considerata come un fattore produttivo, al pari di altre materie prime che servono a produrre beni e servizi. Le commodity, però, sono soggette a scarsità dettata dal fatto che le risorse naturali sono limitate, mentre l’evoluzione tecnologica collegata all’Ai ne permetterà uno sviluppo in progressione geometrica nel prossimo futuro. Ne consegue che, il suo utilizzo genererà sicuramente un nuovo modello di concorrenza tra paesi e aziende. Chi si è già dotato o si doterà di funzionalità legate all’intelligenza artificiale, tanto da considerarla un vero e proprio fattore produttivo, acquisirà una leadership nel mercato, mentre chi farà altrimenti rischierà di esserne estromesso».

Ciò significa che cambieranno le dinamiche che regolano le economie?

«Nel passato si è assistito a una concorrenza sul costo della mano d’opera e sul monopolio della produzione, soprattutto in ambito tecnologico; d’ora in poi mi aspetto che la lotta riguarderà soprattutto lo sviluppo dell’Ai che, come già menzionato, cresce a una velocità tale da permettere in un arco di pochi mesi ciò che una volta era possibile ottenere nello spazio di lustri».

Quindi sarà necessario attrezzarsi velocemente per rendere ciò possibile?

«Penso che sia indispensabile e non è un caso che il governo dell’Arabia Saudita, che vive dei proventi derivanti dall’industria petrolifera, stia pensando di creare un fondo di circa 40 miliardi di dollari per investire nell’intelligenza artificiale. Secondo il New York Times, i rappresentanti del Fondo pubblico di investimento dell’Arabia Saudita (Pif) hanno discusso di una potenziale partnership con la società di venture capital statunitense Andreessen Horowitz e altri finanziatori. È  forse  il segnale di una presa di consapevolezza di come sia necessario impiegare risorse per una crescita futura che non sia esclusivamente legata agli idrocarburi. Probabilmente, questo è il primo passo che il Paese sta facendo in quella direzione».

Se l’Ai è da considerare un fattore produttivo che permetterà di acquisire leadership di mercato, come vede il ruolo dall’Europa, che si pone come regolatore dell’utilizzo di questa nuova tecnologia, rispetto ai due grandi giganti, Stati Uniti e Cina?

«Credo che il Vecchio continente abbia un ruolo importante da ricoprire: le regole sono indispensabili nell’utilizzo dell’Ai, che può essere anche utilizzata come strumento offensivo all’interno delle relazioni internazionali. È evidente che ciò diventa indispensabile nel momento in cui questa tecnologia diventerà più autonoma nelle decisioni che dovrà prendere. Non va dimenticato che si parla anche di armamenti tecnologici utilizzati all’interno dei conflitti, che permettono attacchi informatici che possono mettere in pericolo la sicurezza di un paese. È recente la notizia che il presidente Biden ha firmato la legge Protecting Americans from Foreign Adversary Controlled Applications Act. Essa  rappresenta un divieto effettivo o una vendita forzata di TikTok dalla sua società madre ByteDance. La piattaforma suscita preoccupazioni per la potenziale raccolta di dati degli utenti e per la possibilità che il governo cinese venga in possesso di una serie di informazioni attraverso le quali influenzare, in modo surrettizio, i giovani americani. Tuttavia, per ritornare alla domanda, ritengo che la questione morale, nell’utilizzo dell’Ai sia più sentita in Europa, che, peraltro, sta investendo molto in questo ambito. Ritengo che la regolamentazione permetterà di ottenere un maggiore equilibrio tra i paesi e le aziende, in modo che l’intelligenza artificiale sia qualcosa che aiuti l’uomo, senza metterne a repentaglio il futuro».

Pensa che siano necessarie regole condivise a livello internazionale per l’Ai?

«Ritengo che, vista la portata che avrà sulle nostre vite, prima o poi ci sarà un organismo internazionale cui verrà chiesto di sviluppare una serie di regole: basta che a un solo paese sfugga di mano il controllo di questa tecnologia per scatenare un conflitto, questa volta di natura informatica, che potrebbe mettere a rischio l’equilibrio globale. Credo, però, che ciò avverrà in seguito a un “incidente” che forzerà tutti a mettersi intorno a un tavolo per dirimere la questione».

Vede un possibile scontro tra Stati Uniti e Cina?

«Un possibile scontro tra Stati Uniti e Cina sull’Ai è simile a quello che potrebbe accadere nell’ambito di qualsiasi altro fattore produttivo. C’è indubbiamente la volontà di impedirsi a vicenda l’utilizzo di strumenti che possano essere invasivi per ottenere dati dell’uno e dell’altro paese: non è un caso che Meta sia proibito in Cina e gli Usa stiano cercando di fare la stessa cosa con Tik Tok. Sinceramente, non intravedo un pericolo, ma una contrapposizione commerciale per il dominio sul mondo. Non dimentichiamo che oggi qualunque azienda, di qualsiasi settore, sta investendo in questo ambito. E questa è anche la ragione per cui, ad esempio, all’interno della nostra strategia Allianz Global Artificial Intelligence, non investiamo solo in società tecnologiche, bensì in tutte quelle in cui l’intelligenza artificiale è diventata il motore di crescita in diversi comparti industriali. Inoltre, più si sviluppa l’utilizzo della tecnologia nell’ambito delle attività economiche, più c’è una interconnessione tra i vari attori del mercato e, di conseguenza, la necessità di proteggersi dal rischio di un attacco malevolo di chiunque sia intenzionato a provocare dei danni. Ciò significa che la diffusione dell’Ai va di pari passo con la crescita della sicurezza informatica, ossia della cybersecurity. E, in questo senso, i due giganti del mondo si stanno muovendo nella stessa direzione».

C’è il rischio che la diffusione dell’Ai aumenti le diseguaglianze economiche?

«Penso che si accentueranno, perché i paesi e le imprese che non possono investirvi saranno costretti a rimanere ai margini, anche perché l’Ai riguarda tutti i settori. È oramai risaputo l’utilizzo di questa tecnologia in campo medico e della ricerca, ma pensiamo anche ai benefici che potrebbe generare nell’agricoltura, con il miglioramento della produzione grazie a un’analisi accurata dei terreni e l’individuazione delle modalità più idonee per la loro coltivazione, sia da un punto di vista quantitativo, sia qualitativo».

Non pensa che la performance dei titoli legati all’Ai sia già stata consistente?

«I livelli raggiunti da alcune azioni non sono fonte di preoccupazione, perché il nostro approccio agli investimenti nell’ambito dell’Ai è ad ampio spettro e permette un’elevata diversificazione a livello settoriale e geografico. La nostra strategia, in linea generale, ci porta a investire non esclusivamente in tecnologia, bensì anche in chi la utilizza. Può accadere che, in base alle fasi di mercato e alle attese dell’andamento economico, alcune tipologie di titoli possano essere penalizzate, ma si tratta di normali evoluzioni che non inficiano la bontà di un investimento, se supportato da prospettive di crescita: noi pensiamo che l’intelligenza artificiale e la cybersecurity siano le due aree di investimento del futuro».

Quindi nell’ambito della cybersecurity, il vostro approccio è simile a quello dell’Ai?

«Sì, perché anche in questo caso, dove abbiamo sviluppato una strategia dedicata, non si investe solo in società che producono sistemi di sicurezza informatica, ma anche nelle aziende utilizzatrici. E a tale proposito ci terrei a fare una considerazione: l’adozione di sistemi di cybersecurity è una scelta che connota la governance di un’impresa e la sua forza. Chi lo fa, infatti, protegge la propria attività a tutela degli stakeholder e degli shareholder, mostrando di avere lungimiranza nella gestione del business. Anche questa è una prospettiva attraverso cui analizzare gli investimenti sulla base dei criteri Esg».

Vero, ma l’innovazione tecnologica richiede un utilizzo sempre più consistente di energia, con un conseguente impatto ambientale…

«La capacità che hanno le aziende di utilizzare sistemi guidati dall’Ai e da tecnologie sofisticate le porterà a usare in modo più efficiente ed efficace le fonti energetiche a disposizione. Ma non solo. Sarà anche possibile ricercare e sviluppare modalità diverse per sopperire al fabbisogno energetico, con un impatto inferiore rispetto a quanto accade attualmente. Si sta investendo molto in ambito tecnologico e ciò può avere alcune ricadute, in attesa che se ne possano cogliere i frutti nel futuro. C’è uno studio di McKinsey del 2018 secondo il quale entro il 2030 le tecnologie di intelligenza artificiale potrebbero contribuire all’attività economica globale per 13 mila miliardi di dollari. È uno scenario di crescita ricco di opportunità per gli sviluppi futuri».

Leggi gli altri contributi


Unknown's avatar
Pinuccia Parini

Dopo una lunga carriera in ambito finanziario sul lato, sia del sell side, sia del buy side, sono approdata a Fondi&Sicav