I candidati democratici alternativi potrebbero non allontanarsi molto da Biden in termini di agenda economica. Gilles Moëc, AXA group chief economist and head of AXA IM Research

La “grande notizia” del momento è ovviamente la decisione di Joe Biden di ritirarsi dalla corsa presidenziale e di appoggiare Kamala Harris. Saremmo sorpresi se un candidato democratico offrisse un programma economico significativamente diverso da quello di Biden, il che suggerisce che la piattaforma più “dirompente”, da un punto di vista macroeconomico e di mercato, rimane quella di Donald Trump.

Con così poco tempo a disposizione per organizzarsi prima della convention, infatti, la questione chiave per noi è quanto diversa sarà la piattaforma economica dello sfidante di Trump rispetto a quella di Biden. Con un tempo limitato per produrre un nuovo programma e, in ogni caso, un discreto livello di consenso all’interno del partito democratico sulle questioni economiche, non ci aspettiamo grandi cambiamenti. Notiamo che la stessa Kamala Harris e la maggior parte delle “alternative naturali” sono strettamente legate all’amministrazione di Biden o al “mainstream” democratico.

La conferenza stampa della Bce della scorsa settimana è stata in qualche modo disarticolata: mentre riteniamo che la narrativa macro sia stata piuttosto prudente, esprimendo una fiducia abbastanza solida nel fatto che la disinflazione continuerà nonostante alcune oscillazioni nei dati mensili, Christine Lagarde non ha espresso alcuna indicazione sulle prossime mosse. Sospettiamo che il Consiglio sia diviso e che il contesto politico negli Stati membri chiave – anche se la Francia non è stata nominata esplicitamente – possa innescare un posizionamento tattico da parte di alcuni “falchi” che non vogliono inviare ai governi potenzialmente inclini alla spesa il segnale che il pieno accomodamento della politica monetaria sia alle porte. Le preoccupazioni reali sulla tenuta dei prezzi dei servizi aumentano questa riluttanza. Manteniamo la nostra linea di base di altri due tagli del tasso di policy quest’anno (a settembre e dicembre).

Nel Regno Unito, il discorso del Re in Parlamento, in cui il Governo ha esposto le sue priorità, è stato piuttosto prudente in ambito macroeconomico. Riteniamo comunque che il gabinetto dovrà ricorrere a “misure estreme” per trovare spazio politico sufficiente. Il flusso di feedback dalla politica monetaria sui vincoli fiscali è particolarmente stringente nel Regno Unito, a causa dell’indennizzo del Tesoro alla Bank of England a seguito delle perdite legate al quantitative easing. Il governo britannico ha tutto l’interesse a mantenere una posizione fiscale modesta per massimizzare le possibilità che la BoE possa tagliare rapidamente i tassi.


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Redazione

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