a cura di Pinuccia Parini

L’aspettativa di vita è aumentata e con essa la necessità di avere un sistema sanitario che sappia rispondere in maniera più efficiente ed efficace alle nuove esigenze della popolazione. Si tratta di una sfida che l’industria della sanità deve sapere cogliere attraverso un processo di trasformazione e innovazione. Fondi&Sicav ha discusso di questo tema con Matthew Konosky, lead healthcare portfolio manager, senior analyst e gestore di Sustainable Health Transformation Fund di Ubs Asset management.

Come descriverebbe la performance del settore healthcare?

«In base all’orizzonte d’investimento, l’andamento del comparto mostra diverse connotazioni. È stato un netto outperformer nel lungo periodo, ma ci sono state fasi in cui l’entusiasmo degli investitori è stato particolarmente forte, come durante il Covid-19, mentre negli ultimi tre anni l’andamento dei titoli è stato altalenante. È possibile che in questo lasso di tempo abbiano pesato diverse variabili: il contesto macroeconomico, l’aumento dei tassi d’interesse e l’euforia degli investitori per i titoli tecnologici, che hanno attirato molti flussi di capitali che si sono concentrati su pochi nomi, riducendo significativamente l’ampiezza del mercato. È stato un movimento che non ha sicuramente giovato al settore della sanità. A tutto ciò si aggiunge la fallace convinzione che non si debba investire nell’healthcare durante un anno elettorale, nonostante l’evidenza dimostri che nelle precedenti presidenziali non si sia registrata alcuna particolare sottoperformace del comparto».

In merito allo scenario politico, ritiene che l’elezione di Trump, già a suo tempo netto oppositore dell’Obamacare, possa avere degli impatti per il settore?

«A dire la verità il partito repubblicano, prima che Trump fosse eletto, aveva già tentato di abrogare la riforma voluta da Obama, ma, come sempre accade, non è facile farlo quando si deve creare un’alternativa che rimpiazzi la legge vigente».

Quali potrebbero essere gli impatti dell’evoluzione del quadro macro e della discesa dei tassi d’interesse?

«Anche in questo caso la risposta non è univoca. Ci sono aziende della sanità che non beneficiano particolarmente del taglio dei tassi, ma tendenzialmente si può affermare che il settore viene impattato positivamente vista la presenza di molti titoli long duration, soprattutto nell’ambito della biotecnologia e tra le piccole e medie capitalizzazioni. Credo si possa affermare che, se si fosse all’inizio di un ciclo di allentamento monetario, storicamente ciò gioverebbe al comparto healthcare. Nel caso specifico, riferendomi alla strategia di Sustainable Health Transformation, dove le aziende farmaceutiche a mega capitalizzazione sono sottopeso, i tassi in discesa creano un ambiente favorevole per l’investimento».

L’interesse per i titoli tecnologici si è concentrato in particolare sul tema dell’intelligenza artificiale (Ai). Ritiene che quest’ultima possa portare benefici al settore sanitario?

«A dire la verità, credo che i benefici potranno esserci, ma non saranno immediati. L’applicazione dell’Ai per aiutare la scoperta e lo sviluppo di farmaci richiederà tempo prima che si possano raggiungere risultati tangibili e forse c’è l’opinione errata che, poiché sinora non è accaduto, ciò non avverrà mai. Di fatto, se si guarda alle valutazioni dei titoli dell’healthcare si può chiaramente notare che i multipli non incorporano alcuna aspettativa di immediate evoluzioni grazie all’utilizzo di questa nuova tecnologia».

Quali pensa possano essere i fattori che potrebbero risvegliare l’interesse degli investitori nell’healthcare?

«Come accennavo in precedenza, è necessario che si estenda l’ampiezza del mercato, anche se mi rendo conto che sia difficile contrastare l’attuale momentum. Tuttavia, ritengo che le valutazioni di molti titoli tecnologici, se rapportate al dato storico, siano elevate, mentre ci sono settori, come l’healthcare, che risultano attrattivi. È difficile identificare quando ci sarà un’inversione dell’interesse degli investitori, ma l’elevata concentrazione su un numero limitato di azioni, anche all’interno del comparto sanitario, e i livelli delle quotazioni raggiunti farebbero supporre che si possa assistere a un cambiamento di questa tendenza».

Perché considerare i titoli di media e piccola capitalizzazione?

«Perché è proprio in questo universo che si possono trovare le società più innovative e credo che quest’ultimo aspetto sia essenziale». 

Potrebbe esplicitare meglio questo concetto?

«È necessario, però, fare una premessa, che spiega la nostra filosofia d’investimento. I sistemi sanitari mondiali sono vicini a un punto di flesso, vista l’elevata percentuale sul Pil della spesa loro allocata. L’healthcare ha bisogno di una trasformazione per affrontare tre importanti sfide: l’accessibilità, l’affordability (intesa come convenienza economica) e la frammentazione dell’assistenza. La prima comporta promuovere la diffusione dell’assistenza sanitaria per ridurre gli ostacoli alle cure necessarie attraverso l’assistenza domiciliare, virtuale e gli interventi chirurgici ambulatoriali. La seconda riguarda l’eliminazione di costi inutili dal sistema e l’incentivazione di cure preventive per ottenere risparmi a lungo termine attraverso la diagnostica, i vaccini, i farmaci generici e i biosimilari. La terza è la razionalizzazione dei fornitori e la modernizzazione dei flussi di lavoro per premiare le prestazioni e migliorare i risultati con il passaggio all’assistenza basata sul valore, l’automazione e le soluzioni abilitate dall’Ai. I futuri leader dell’helthcare saranno le aziende che sapranno trasformare i soldi spesi in efficienza e risultati concreti, anziché le grandi imprese cresciute negli ultimi decenni che hanno puntato al mantenimento dello status quo. Per capitalizzare questi cambiamenti penso che si debba quindi cercare nuove realtà capaci di innovare e desiderose di sfidare lo scenario attuale così come è caratterizzato. Credo che questa trasformazione possa produrre un futuro sostenibile per il comparto della sanità, che non ha certo bisogno della domanda per crescere, vista la demografia, l’innalzamento delle aspettative di vita, la presenza di patologie quali le malattie metaboliche, mentali e l’obesità. Il vero problema è come finanziare le risposte a questi bisogni».

Ha parlato di affordability; è solo una questione di prezzo?

«No, non è una mera questione di prezzo, bensì di valore e di considerare il costo effettivo della cura affinché sia sostenibile».

Tuttavia ci sono aziende che, vista la loro posizione di mercato, hanno un forte pricing power di fronte a una domanda crescente per alcuni specifici farmaci…

«certamente alcune società farmaceutiche sono più dipendenti dal prezzo dei loro prodotti che dall’innovazione. Ci sono però diverse imprese di media capitalizzazione che stanno operando per ridurre i costi del sistema sanitario attraverso la realizzazione, ad esempio, di prodotti biosimilari o i produttori di vaccini che aiutano la prevenzione per determinate patologie, generando benefici a livello economico. Sono convinto che i sistemi sanitari dovranno sempre più orientarsi alla prevenzione, a curare i malati fuori dalle strutture ospedaliere (dai costi elevati), creando nuove infrastrutture: è per questa ragione che è fondamentale una trasformazione dell’healthcare».

Ma non pensa che per realizzare tutto ciò sia necessaria anche una volontà politica?

«Sì, ma non è una battaglia che le aziende possono affrontare. Credo, però, che, a un certo punto, bisognerà fare i conti con un sistema sanitario dai costi elevati e con poche nuove risorse a disposizione, perché altrimenti potrebbero esplodere problemi di disavanzo fiscale o di debito. Sicuramente, è difficile identificare il timing di quando questa situazione si materializzerà, ma focalizzarsi su aziende che sono pronte ad affrontare i cambiamenti futuri, a offrire soluzioni e trattano a valutazioni interessanti può essere una valida decisione».

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Pinuccia Parini

Dopo una lunga carriera in ambito finanziario sul lato, sia del sell side, sia del buy side, sono approdata a Fondi&Sicav