L’invecchiamento globale sta riducendo la popolazione attiva: dopo il boom dell’ultimo mezzo secolo, nei prossimi cinque decenni la forza lavoro potrebbe ridursi del 4-5% ogni cinque anni.

L’intelligenza artificiale generativa ha il potenziale per migliorare i risultati dell’assistenza sanitaria accelerando approcci personalizzati e di prevenzione, sostenendo un invecchiamento sano e prolungando la vita lavorativa.  Il suo potenziale dirompente potrebbe aumentare la produttività di professionisti esperti in una serie di settori, dalla legge all’economia, fino all’agricoltura. Questo è il messaggio che è uscito dall’incontro con Andrea Redaelli, senior relationship manager di Lombard Odier Im. 

L’innalzamento delle aspettative di vita avrà ripercussioni sull’attività economica?

«C’è un luogo comune secondo il quale l’invecchiamento della popolazione, con l’allungamento della vita, prosciugherà l’economia. Tuttavia, credo che, da questo punto di vista, l’intelligenza artificiale generativa (gen Ai) abbia il potenziale per sostenere una forza lavoro anziana e attiva, migliorando i risultati dell’assistenza sanitaria e prolungando le carriere, aumentando, così, e non sostituendo, le competenze faticosamente acquisite». 

Ma è indubbio che l’invecchiamento della popolazione ha come effetto una riduzione della forza lavoro. Che cosa ne pensa?

«Negli ultimi decenni, la forza lavoro mondiale è cresciuta in modo significativo, incrementando il Pil e contribuendo al tempo stesso a contenere la crescita dei salari. Questa espansione è stata alimentata da molteplici fattori, tra i quali il baby boom del secondo dopoguerra, l’aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro e l’integrazione dei Paesi dell’Europa dell’Est e dell’Asia, in particolare della Cina, nelle catene di fornitura globali. In molte nazioni, tuttavia, questa tendenza si sta ora invertendo. L’aumento della ricchezza, gli alti livelli di occupazione femminile e il costo dell’educazione dei figli stanno portando a tassi di riproduzione netti negativi, determinando la fine del dividendo demografico. Il Giappone sta già soffrendo di un “inverno demografico” e ci si può aspettare che questa tendenza si manifesti anche nell’Europa meridionale e orientale, nella Corea del Sud e soprattutto in Cina. Di conseguenza, prevediamo che, a livello globale, nei prossimi cinque decenni la forza lavoro si ridurrà di circa il 4-5% ogni cinque anni».

Qual è la sua definizione di inverno demografico?

«L’inverno demografico è un altro termine per indicare ciò che noi chiamiamo deficit demografico ed è diventato popolare in questo secolo, poiché molti Paesi dell’emisfero settentrionale si aspettano che la loro popolazione attiva raggiunga il picco nei prossimi anni. Dopo la seconda guerra mondiale, è nata una numerosa generazione, nota come baby boomer. A causa del loro numero, soprattutto rispetto alle generazioni precedenti, che hanno subito le guerre, i baby boomer hanno avuto e continuano ad avere un peso notevole e conservano tuttora un effetto considerevole sulla normale costruzione demografica della società. Una volta che questi ultimi sono entrati nella forza lavoro a partire dagli anni ’60, la popolazione in età lavorativa è cresciuta in modo sostenibile. Ciò ha dato un forte impulso alla crescita del Pil e ha contribuito a tenere sotto controllo l’inflazione in un effetto chiamato dividendo demografico. Ora si è passati da “un’estate” a un “inverno demografico”».

Per riprendere la sua considerazione iniziale, qual è il ruolo dell’intelligenza artificiale in tale contesto?

«Oltre a incrementare la produttività complessiva, l’intelligenza artificiale ha un potenziale significativo per contribuire a prolungare la durata della vita in buona salute, supportando e aumentando l’esperienza dei lavoratori maturi in una serie di professioni. L’aumento dell’aspettativa di vita e la crescita demografica dovuta al pensionamento della generazione del baby boom fanno sì che un numero sproporzionato di persone raggiunga l’età pensionabile. In questo scenario, i governi, le organizzazioni e le imprese non possono realisticamente sostenere i generosi regimi pensionistici del passato, che sono sempre più costosi, mentre le entrate statali derivanti dalla tassazione della popolazione in età lavorativa sono in calo. Avviene così che ai cittadini venga chiesto di contribuire a disinnescare la “bomba a orologeria delle pensioni”, incoraggiando il risparmio pensionistico privato e lavorando più a lungo per finanziare la propria vita una volta lasciata la loro occupazione per il raggiungimento dei limiti d’età. Oltre a incrementare la produttività complessiva, l’intelligenza artificiale ha un potenziale significativo per contribuire a prolungare la durata di un’esistenza con buoni standard di vita, supportando e aumentando l’esperienza dei lavoratori maturi in una serie di professioni. A nostro avviso, la comprensione di questa dinamica può sbloccare importanti opportunità di investimento a lungo termine».

La gen Ai renderà possibile un aumento della produttività e trasformerà il mercato del lavoro?

«Storicamente, la tecnologia è stata il principale fattore di crescita della produttività, anche se con un ritardo di diversi decenni tra l’innovazione e l’arrivo dei suoi pieni benefici. L’invenzione e l’adozione dell’energia elettrica, dei motori e del computer ne sono un esempio. La nascita dell’intelligenza artificiale è importante almeno quanto l’invenzione del computer stesso. La sua capacità di utilizzare dati non strutturati, che rappresentano l’80% di quelli disponibili, la rende una tecnologia di svolta con un immenso potenziale in quasi tutti i settori dell’economia. Inizialmente, l’Ai sarà utilizzata principalmente per automatizzare compiti ripetitivi relativamente prevedibili, come, per citare alcuni esempi, l’assistenza clienti o il lavaggio dei piatti. Tuttavia, le capacità predittive della gen Ai le consentono di essere utilizzata per un’ampia gamma di compiti che in precedenza potevano essere svolti solo dagli esseri umani».

A che cosa si riferisce nello specifico?

«L’ultima versione della gen Ai, nota come retrieval augmented generation, combina modelli linguistici di grandi dimensioni con fonti di informazioni esterne non strutturate per migliorare notevolmente la precisione e l’efficienza. Il suo potenziale di acquisire dati casuali e “imparare” significa che può migliorare rapidamente le sue prestazioni in contesti specifici. Nel corso del tempo, l’Ai generativa passerà da compiti prevedibili ad altri più destrutturati. Alla fine, l’Ai potrebbe passare da lavori di routine, come la contabilità e le televendite, a compiti di ottimizzazione come la diagnosi clinica e il trasferimento di proprietà. Sarà anche in grado di assistere una serie di lavori più complessi e creativi, dalla costruzione di casi legali alla pianificazione militare. In effetti, McKinsey stima che tra il 2030 e il 2060 potrebbe essere automatizzato fino al 50% delle attività lavorative odierne».

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