Continuerà l’eccezionalismo americano anche nel 2025? È la domanda che Gianluca Ungari, head of portfolio management Italy di Vontobel, si pone guardando al prossimo anno
LA FORZA DEGLI USA
Il 2024 si sta per chiudere con una forte performance dei mercati azionari, guidati dagli Stati Uniti che staccano abbondantemente le altre piazze finanziarie. A Wall Street ha tenuto testa solo l’oro. La performance della borsa statunitense, nella prima parte dell’anno, è stata possibile ancora una volta grazie ai titoli legati all’intelligenza artificiale. Mentre da luglio in poi l’interesse degli investitori si è gradualmente allargato a un bacino più ampio di azioni.

L’elezione di Trump alla Casa Bianca ha poi ulteriormente corroborato il corso positivo del mercato, sostiene Ungari, probabilmente grazie alla narrativa usata dal futuro presidente il cui filo conduttore, durante la campagna elettorale, è stato “Make America great again” (Maga).
Più sfaccettato, invece, è stato il comportamento dell’asset class obbligazionaria, dove, se la componente high yield ed emergente ha fatto molto bene, più contenuti sono stati i rendimenti dei titoli governativi, su cui pesano i timori legati all’inflazione.
SOFT LANDING
Il soft landing in cui l’economia sembra essere entrata, unito alla diminuzione dei tassi d’interesse, continua a offrire un contesto positivo per gli investimenti. La domanda cruciale, però, è quale sarà l’evoluzione futura dello scenario attuale. Secondo l’esperto, a una fase di rallentamento del ciclo che è stata molto più dolce delle attese, ora si è aggiunta la variabile Trump con la sua agenda pro-crescita. I possibili sviluppi futuri sono però ancora incerti e possono assumere due direzioni.
Se gli stimoli all’economia saranno equilibrati, si potrebbe entrare in un “Golden path”, ma se dovessero essere eccessivi è possibile che ci si trovi di fronte a un periodo difficile, con l’inflazione che non scende e le banche centrali che faticano a tagliare i tassi d’interesse. Il “No landing” in questione, quindi, potrebbe anche poi condurre a decisioni più aggressive di politica monetaria, di segno opposto a quello attuale.
Ma quale delle due strade verrà scelta dipenderà dalle decisioni della nuova amministrazione americana, che potrebbe incidere anche sulla tempistica della riduzione dei tassi d’interesse. Da questo punto di vista, il percorso di taglio tassi è più chiaro per la Bce che per la Fed.
LA POLITICA DI TRUMP
Ciò che è emerso dalle presidenziali è che l’esito elettorale è stato determinato dal malessere dei cittadini per l’aumento del caro vita; il problema sarà vedere come la Casa Bianca lo affronterà e, contestualmente, gestirà l’aumento del debito pubblico americano.
Trump ha annunciato l’imposizione di nuovi dazi, ma probabilmente il tema non potrà essere affrontato se non si terrà in debito conto dove andrà l’inflazione, che al momento si sta normalizzando. Ungari ritiene che il futuro presidente implementerà (temporaneamente) le tariffe per rimanere credibile e raggiungere accordi commerciali vantaggiosi per gli Stati Uniti.
MERCATI COSTOSI?
Il portfolio manager sostiene che la performance dei mercati azionari, in particolare quello americano, siano stati guidati dalla crescita degli utili, attesi in crescita del 12%, sia nel 2025, sia nel 2026. Ciò che differenzierà il prossimo anno, da quello in corso, è che la crescita dell’Eps per i “magnifici sette” e dei restanti 493 titoli tenderà probabilmente a convergere.
Per il primo trimestre del 2025 l’andamento dei mercati sarà simile a quello del 2024: bene l’azionario e più complessa la gestione della duration sull’obbligazionario. La continuità dell’eccezionalismo Usa fa sì che il posizionamento dinamico rimanga “risk on”.
Redazione
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