Le Banche Centrali sembrano essere state messe in secondo piano dalla guerra commerciale e dai temi fiscali. Ma la realtà è diversa. Eurizon
Il calo dell’inflazione nell’eurozona ha consentito alla Banca Centrale Europea di tagliare il costo del denaro per un totale di 175 punti base nel corso dell’ultimo anno. La graduale ma continua eliminazione della restrizione monetaria è stata necessaria per evitare che pessasse troppo sul rallentamento dell’attività economica.
Senza le pressioni derivanti dal conflitto commerciale, è molto probabile che la Bce si sarebbe già presa una pausa in aprile, invece ha tagliato ancora e lo stesso farà, probabilmente, durante la riunione fissata per oggi pomeriggio. In questa fase, l’obiettivo resta fornire un supporto alla crescita. La discesa del costo del denaro in Europa sembra essere agli sgoccioli, con i futures che indicano un potenziale ultimo taglio dei tassi in autunno.
La situazione è nettamente diversa per la Federal Reserve, con la Banca Centrale Usa alle prese con la necessità di contenere le pressioni inflazionistiche
Le tensioni geopolitiche avevano fatto ipotizzare ben quattro interventi al ribasso sui tassi da parte della Fed. Successivamente, la lettura dei dati sull’inflazione domestica ha cambiato completamente le aspettative. Al momento il mercato sconta che la Fed riprenderà ad abbassare i tassi, ma solo dopo aver verificato l’impatto delle tensioni di aprile su crescita ed inflazione. Nel dettaglio i futures di mercato monetario scontano un lento abbassamento dei tassi a partire dall’autunno per portare i Fed Funds dal 4,5% al 3,5% a fine 2026. Si può notare che questo percorso è allineato alle intenzioni dichiarate dalla Fed (i cosiddetti DOTs).
La Banca Centrale cinese è in fase di lento, ma costante allentamento monetario dal 2019
Una tendenza che non è stata impattata dalle turbolenze legate al Covid e nemmeno dalla fiammata inflazionistica globale, che ha risparmiato la Cina.
Dal 2022 in realtà la PBCO ha visto intensificarsi il calo dell’inflazione, in un contesto di crescita economica moderata. La politica monetaria, come quella fiscale, e comunque improntata alla gradualità. Le autorità politiche sono determinate nel centrare l’obiettivo del 5% di crescita. Ma sono altrettanto attente ad evitare il surriscaldamento dell’economia.
Direzione opposta per la politica monetaria del Giappone, con la BoJ che da marzo 2024 ha abbandonato la politica di tassi di interesse negativi che durava dal 2016
Per il 2025, le intenzioni dichiarate dei vertici della BoJ sono di procedere ad un ulteriore inasprimento della politica monetaria. La BOJ risulta in ritardo rispetto alle altre Banche Centrali nel contenimento dell’inflazione, che in Giappone è salita meno che in USA o Europa, ma al 3,6% è tutt’ora vicina ai massimi toccati nel 2023.
Redazione
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