Dopo una lunga sovraperformance del mercato azionario americano rispetto a quello europeo, la situazione sembra mutata. UBS AM

Dall’inizio dell’anno l’Europa segna un risultato positivo superiore di quello degli Stati Uniti. Se si tratta di una parentesi o di un trend destinato a continuare rimane una domanda aperta.

POTENZIALITÀ PER L’EUROPA

Il tema è stato affrontato durante una presentazione per la stampa di Ubs Asset Management in cui Alessio Rizzi, Research Analyst, Active Multi-Asset della società di gestione svizzera ha affermato:

Alessio Rizzi

«Nel lungo termine, riteniamo che le azioni europee possano migliorare le performance aggiustate per il rischio di un portafoglio, grazie al ridotto differenziale di crescita rispetto agli Stati Uniti e alla bassa correlazione tra i mercati azionari regionali (…).

Il potenziale divario di crescita tra Stati Uniti ed Europa appare destinato a ridursi rispetto agli anni precedenti. La crescita potenziale europea sarà sostenuta da un maggiore supporto fiscale in Germania. Mentre l’economia statunitense sembra avviata verso un rallentamento a causa della contrazione della forza lavoro e dell’impatto dei dazi.

Le basse correlazioni tra le aree geografiche migliorano significativamente la diversificazione del portafoglio, consentendo di aumentare l’esposizione azionaria mantenendo una volatilità attesa inferiore rispetto ai portafogli tradizionali 60/40».

CAMBIO DI REGIME

In altre parole, si sta assistendo a un cambio di regime e i fattori catalizzatori vengono individuati in un aumento delle spese per la difesa, nella potenziale fine del conflitto tra Russia e Ucraina e nelle politiche di Trump che spingono i diversi paesi a sostenere le economie domestiche.

L’Europa, secondo l’asset manager, potrebbe ricoprire un ruolo fondamentale proprio per la riduzione del differenziale di crescita rispetto agli Stati Uniti e come strumento di diversificazione.

Alcuni settori chiave possono essere di supporto al trend rialzista delle azioni europee, tra cui spicca quello bancario, con una redditività (Roe) simile all’omologo comparto negli Usa, ma valutazioni molto più contenute.

DIVERSIFICARE NEGLI ASSET REALI

Lo senario attuale, con le incertezze che lo connotano, induce quindi ad aumentare la diversificazione all’interno dei portafogli. In questa direzione va il suggerimento di Giacomo Cristofori, Head of Southern Europe, Real Assets Investment Sales Specialists, Unified Global Alternatives, UBS Asset Management:

Giacomo Cristofori

“In un contesto in cui le previsioni econo03miche indicano una revisione al ribasso della crescita e possibili rischi inflattivi, ma anche margini per le banche centrali di abbassare ulteriormente i tassi nel caso in cui tali rischi non si materializzino, le asset class alternative possono migliorare i rendimenti corretti per il rischio, aumentare la diversificazione e contribuire ad attenuare la volatilità nell’attuale contesto di mercato”.

PROSPETTIVE PROMETTENTI

Per Cristofori: “I real asset hanno minori probabilità di risentire degli effetti negativi dei dazi grazie ai flussi di cassa contrattualizzati, alla correlazione positiva con l’inflazione e alla solidità dei fondamentali.

A nostro avviso, i portafogli che includono asset privati e che accettano l’ulteriore rischio di illiquidità hanno maggiori probabilità, nel lungo periodo, di sovraperformare quelli investiti esclusivamente in azioni e obbligazioni tradizionali”.

In particolare, l’asset manager ritiene interessanti gli investimenti nel settore immobiliare e nelle infrastrutture. Nel primo caso viene registrato un miglioramento del Cap Rate, ossia del rapporto utilizzato per stimare la redditività di un immobile. E, nello specifico, è il settore residenziale che mostra di essere più resiliente e difensivo nel caso di introduzione di dazi.

In generale Ubs Asset Management privilegia strategie “focalizzate su logistica, data center e living, segmenti che mostrano fondamentali particolarmente solidi e legati ai trend dell’e-commerce, della digitalizzazione e dell’urbanizzazione”.

Per quanto riguarda invece le infrastrutture, sempre secondo Cristofori, le “elevate barriere all’ingresso, il posizionamento di tipo monopolistico e il potere di trasferimento dei costi rendono le infrastrutture meno sensibili al ciclo economico e positivamente correlate alle pressioni inflazionistiche.

Dal punto di vista strutturale, gli asset infrastrutturali sono scarsi, con livelli di investimento ancora inferiori a quanto necessario per sostenere la crescita economica globale. Parallelamente, la domanda è destinata ad accelerare, trainata da deglobalizzazione, digitalizzazione e decarbonizzazione, fattori chiave che alimentano la necessità di nuovi asset e l’ammodernamento di quelli esistenti”.


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Pinuccia Parini

Dopo una lunga carriera in ambito finanziario sul lato, sia del sell side, sia del buy side, sono approdata a Fondi&Sicav