I titoli di stato spagnoli e italiani dovrebbero beneficiare di un processo di re-rating nei prossimi trimestri. Andrea Campisi, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management

Viste le tensioni provocate dall’incertezza politica in Francia e dal conseguente de-rating operato da Fitch sui titoli di stato di Parigi, quali sono le vostre preferenze sui government bond area euro in termini di scadenze, duration e affidabilità creditizia?

La nomina di Lecornu al governo francese complica l’approvazione del bilancio 2026 e come espresso da Fitch nel downgrade ad A- del 12 settembre, l’incertezza politica aumenta il rischio che il deficit si attesti al di sopra del limite atteso (concordato con la Commissione Europea) del 4,6%, minando la stabilità futura del rapporto debito/pil del paese. Questo però non sta spaventando i mercati che, come noto, si muovono in anticipo e avevano già rivisto al rialzo lo spread della Francia, equiparandolo a quello italiano.

Finché il rischio si confermerà politico e non sistemico, ovvero non vi saranno elezioni anticipate con possibili derive politiche in favore di ulteriori aggravi dei conti pubblici, è verosimile che gli aggiustamenti fiscali avvengano, sebbene per dimensioni inferiori alle attese. Politiche fiscali in consolidamento quindi, permettono il contenimento dello spread francese in un intervallo limitato attorno agli 85 punti base, con un impatto atteso sui mercati periferici dell’eurozona al margine positivo, poiché il de-rating francese si accompagna ad un re-rating degli altri paesi mediterranei (Spagna, Italia e Portogallo), i cui conti di bilancio sono in miglioramento e le cui instabilità politiche, che hanno caratterizzato il decennio scorso, sono oggi invece un elemento di stabilità.

Questo nuovo regime ci fa quindi preferire appunto BTP e soprattutto Bonos spagnoli, con un percorso atteso nei prossimi trimestri di re-rating da parte delle Agenzie, oltre che una restrizione fiscale in linea con le attese della Commissione Europea. Nell’area core e semi-core abbiamo meno interesse, poiché le dinamiche fiscali francesi rappresentano comunque una fonte d’incertezza, i titoli tedeschi rischiano di essere appesantiti da programmi di emissioni da parte del tesoro a finanziamento dei piani fiscali, mentre i titoli olandesi potranno essere oggetto di vendite per fini regolamentari da parte della comunità dei fondi pensione domestici, detentori di oltre il 18% del totale in circolazione.

Unitamente al comparto governativo, riteniamo vi sia valore anche nei titoli emessi dalla Commissione Europea, caratterizzati dagli European Union bonds, giovando anch’essi del trend di compressione degli spread ed offrendo ampia liquidità assieme ad una base d’investitori in continua espansione a livello globale. Per quanto concerne le scadenze e la duration, sono da preferirsi le aree comprese tra i 5 e 10 anni di scadenza, che offrono il miglior profilo di rendimento atteso e sono meno esposte al rischio di irripidimento delle curve. A nostro avviso la duration in portafoglio va pertanto mantenuta ad un livello neutrale, in attesa di maggior chiarezza sugli impatti degli stimoli fiscali tedeschi attesi per il prossimo anno.

L’inflazione ha abbassato la guardia ma, a detta di molti, non è stata del tutto sconfitta. In questa fase di mercato quanta importanza date all’interno dei portafogli ai titoli di stato inflation linked dell’Eurozona?

Nell’occasione del meeting di settembre della Banca Centrale Europea, la presidente Lagarde ha espresso il consenso del board in merito all’attenuazione del processo di disinflazione visto negli ultimi trimestri, di fatto sancendo che lo status-quo sui tassi è coerente con l’adempimento del mandato sulla stabilità dei prezzi. Questa impostazione (stance), è corroborata dalle proiezioni economiche pubblicate dalla BCE, che vedono l’inflazione attestarsi al livello corrente del 2.1% per l’anno in corso, scendere all’1.7% per il 2026 e risalire poi intorno al target del 2% per il 2027. Messaggio simile si evince dalla affermata conclusione del ciclo di taglio dei tassi, che al 2% hanno raggiunto il livello di “neutralità” di politica monetaria (livello in cui la politica monetaria non è né espansiva, né restrittiva).

Il mercato dei titoli legati all’inflazione indica che le attese degli investitori sono per un livello dei prezzi stabilmente al di sotto del 2% per i prossimi anni, ipotesi al momento condivisibile in quanto vi sono diversi fattori che si delineano più come freno che come propellente di una risalita dei prezzi al consumo.

Tra questi: l’euro, vicino ai massimi dal 2021, che esercita una forza deflattiva sui prezzi delle economie esportatrici come la Germania, il fattore demografico d’invecchiamento della popolazione che pesa allo stesso modo sulla riduzione dei consumi, esercitando pressioni al ribasso sui prezzi, mentre tariffe agli export e una domanda domestica in debole ripresa rallentano ulteriormente il processo inflazionistico. Fattori questi che aumentano l’appetibilità dei titoli nominali rispetto a quelli legati all’inflazione; perciò, riteniamo che in questa fase di mercato il ruolo dei titoli inflation linked dell’Eurozona risulti marginale.

 


Unknown's avatar
Rocki Gialanella

Laurea in Economia internazionale presso l’Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’. Ho abbracciato il progetto FondiOnline.it nel 2001 e da allora mi sono dedicato allo sviluppo/raggiungimento del target che ci eravamo prefissati: dare vita a un’offerta informativa economico-finanziaria dal linguaggio semplice e diretto e dai contenuti liberi e indipendenti. La storia continua con FONDI&SICAV.