Secondo una ricerca di Excellence consulting, l’intelligenza artificiale «potrebbe generare fino a 100 miliardi di euro di raccolta aggiuntiva nei prossimi cinque anni». Ma come si arriva a questa cifra, che rappresenta circa il 12% dell’attuale Aum delle società di Assoreti?
«Se si guarda all’impatto sul tempo liberato al Cf, i consulenti stimano che l’Ai riduca in media del 24% le ore dedicate a task operativi (31% pianificazione/organizzazione del lavoro e gestione back-office, –26% analisi documentale e gestione compliance, –19% ricerca di informazioni)», risponde la ricerca di Excellence. «Questo tempo recuperato grazie all’Ai è stato ipotizzato che venga reindirizzato dal Cf alla gestione della relazione con i clienti (+18%). Sulla base delle risposte ottenute è stato conseguentemente stimato un potenziale di acquisizione di circa otto nuovi clienti per anno per ciascun Cf: su un orizzonte quinquennale, ciò equivale a circa 40 nuovi clienti per consulente».
Passando invece allo sviluppo dei clienti già in portafoglio, cioè il secondo effetto, la survey ha evidenziato che «solo una minoranza dei Cf (15%) non si aspetta impatti significativi, mentre la maggioranza segnala un potenziale di ricaduta rilevante: il 39% prevede un incremento annuo della raccolta tra +16% e +30% e un ulteriore 25% stima un impatto superiore al 30%. In media, ciò significa per ciascun consulente un’attesa di incremento della raccolta sul portafoglio già in gestione in media nell’ordine di quasi il 30%».
ASPETTATIVE LIMITATE
Indubbiamente, si tratta di dati estremante interessanti, che fanno presumere un ruolo crescente dell’intelligenza artificiale nel settore della consulenza artificiale. Ma, se si guarda un po’ più in profondità, le aspettative nei confronti dell’Ai, sono ancora nella realtà abbastanza limitate. È ormai più di una decina di anni che le maggiori reti stanno facendo grandi sforzi per tagliare i tempi morti dei professionisti a contatto con gli investitori e nel frattempo sono stati fatti consistenti passi in avanti, rispetto al periodo in cui gli advisor dovevano compilare decine di questionari e di fogli che poi si portavano dietro per tutta la giornata. In questi termini, l’intelligenza artificiale rappresenta soltanto un netto miglioramento di processi già in corso da tempo. «Questa ricerca dimostra che l’intelligenza artificiale non è solo un fattore di efficienza, ma può rappresentare per le reti di cf anche un significativo driver di crescita», sostiene Maurizio Primanni, ceo del gruppo Excellence.
«Tutti i principali operatori del mercato italiano credo si siano già attivati per rendere disponibili ai consulenti nuovi tool basati sull’intelligenza artificiale, ma a fare la differenza sarà anche la disponibilità dei Cf di evolvere il loro modo di lavoro utilizzando efficacemente questi nuovi tool. C’è ancora molto da fare: per le reti e per l’intero settore, ma è indubbio che investire in Ai significa costruire oggi le basi della competitività del settore di domani».
Però la vera novità dell’intelligenza artificiale non è di essere un’efficientissima super-segretaria che risolve decine di problemi pratici (sia ben chiaro, non è un ruolo secondario e nessuno butta via un aiuto di questo genere), ma di ricoprire un ruolo sempre più importante nelle strategie societarie. Il vero valore di questa tecnologia non è di fare meglio le cose che già si fanno e che già si sanno, ma di offrire ai consulenti una visione del mercato nuova e diversa. Si tratta di avere un It capace di creare nuove strategie a tutti i livelli, sulla base di una quantità di dati che nessun ufficio studi, con mezzi tradizionali, può permettersi di valutare. Non soltanto: questo tipo di lavoro può essere personalizzato per ogni cliente di un consulente.
Il problema per certi versi appare particolarmente stringente nell’ambito della consulenza finanziaria per una ragione tutto sommato semplice. Un professionista di tale segmento, infatti, deve unire a una forte competenza tecnica, che gli permetta di identificare le soluzioni di investimento tecnicamente più valide sotto una moltitudine di aspetti, una profonda conoscenza (anche sul piano umano) dei propri clienti. Ai livelli più elevati questo lavoro racchiude in sé funzioni tipiche di un gestore multi asset, di un risk manager e persino di un investment banker, qualora si annoverino nella propria rosa di investitori alcuni imprenditori. Inoltre, non va dimenticato che stiamo parlando di una delle aree dell’economia più rigidamente e minuziosamente regolamentate a livello europeo e nazionale.
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Boris Secciani
Nato a Bologna nel 1974, a Milano ho completato gli studi in economia politica, con una specializzazione in metodi quantitativi. Ho cominciato la mia carriera come broker di materie prime negli Usa, per poi proseguire come trader sul forex. Tornato in Italia ho partecipato come analista e giornalista a diversi progetti. Sono in FONDI&SICAV dalla sua fondazione, dove opero come Responsabile dell'Ufficio Studi. I miei interessi si incentrano soprattutto sul mondo dei tassi di interesse e del reddito fisso, sulla gestione del rischio di portafoglio e sull'asset allocation.

