Il range si abbassa al 3,5%-3,75% ma l’era dell’allentamento preventivo sembra essere terminata. I commenti di Generali Investments e Janus Henderson

Fed

Paolo Zanghieri, senior economist presso Generali Investments

L’economia americana rimane solida, ma i rischi al ribasso per l’occupazione continuano a pesare di più per il FOMC rispetto ai rischi al rialzo per l’inflazione. Dopo aver portato il tasso di riferimento nella parte alta della fascia delle stime neutre, il comitato può ora attendere ulteriori dati prima di decidere l’entità e il ritmo dei prossimi tagli dei tassi. Pertanto, il percorso atteso per il tasso di riferimento non è cambiato da settembre: dopo il taglio nella riunione di dicembre, sono previsti altri due tagli da 25 punti base, uno il prossimo anno e uno nel 2027.

Nella sessione di domande e risposte, il presidente Powell ha ribadito la visione piuttosto positiva sull’economia. La crescita del PIL continua a essere sostenuta dai consumi e dagli investimenti in capitale legati all’IA, e nel 2026 l’allentamento fiscale contribuirà ad accelerare l’attività rispetto all’attuale tasso di crescita dell’1,7%.

Il mercato del lavoro si è raffreddato, un po’ più rapidamente di quanto il FOMC si aspettasse a settembre; ciò riflette sia una minore domanda di lavoro sia un calo dell’offerta. Powell ha osservato che le stime attuali sulla crescita dell’occupazione sono probabilmente gonfiate e che i dati definitivi potrebbero mostrare una riduzione del numero di occupati negli ultimi mesi.

Nonostante le richieste di sussidio di disoccupazione siano basse e stabili, il mercato del lavoro rimane fragile, poiché i disoccupati faticano a trovare un nuovo impiego. Il FOMC è fiducioso che l’effetto ritardato del taglio di 75 punti base attuato quest’anno dovrebbe essere sufficiente a stabilizzare il tasso di disoccupazione.

Interpellato sulla forma a “K” dell’attuale espansione, Powell ha sottolineato che il miglior contributo che la Fed può dare alle fasce meno abbienti è garantire un periodo prolungato di bassa disoccupazione, simile a quello precedente al COVID. Questo favorirebbe anche la crescita dei salari reali, compensando l’impatto negativo dell’elevata inflazione passata.

L’inflazione è diminuita in modo significativo, ma rimane ancora relativamente elevata. Dalle poche informazioni raccolte durante la chiusura, i prezzi dei beni continuano ad aumentare a causa dei dazi, mentre nel settore dei servizi emergono segnali più evidenti di disinflazione.

La Fed ritiene che l’eccesso di inflazione sia ora concentrato nei beni soggetti a dazi: è ragionevole aspettarsi che il loro impatto sia relativamente di breve durata. Ci vorranno ancora alcuni mesi perché l’effetto si manifesti pienamente e si prevede che l’inflazione raggiunga il picco nel primo trimestre, circa 0,2 punti percentuali sopra il livello attuale (2,8% su base annua per il core PCE in ottobre, secondo il FOMC); successivamente, nella seconda metà del 2026, l’inflazione diminuirà sensibilmente con il venir meno dell’impatto dei dazi sui prezzi. Tuttavia, i rischi restano orientati verso l’alto, anche alla luce della forza della domanda.

Powell ha ribadito che, data la tensione attuale tra gli obiettivi di inflazione e disoccupazione, non esiste un percorso privo di rischi per la politica monetaria. Ma, con il taglio odierno, la Fed ritiene di trovarsi in una posizione favorevole per reagire a eventuali sorprese e può permettersi di attendere dati più chiari. Inoltre, ha accennato più volte al forte aumento della produttività, che dovrebbe continuare con la diffusione dell’uso dell’IA: la conseguenza ovvia è che l’economia può sopportare un livello più elevato del tasso di riferimento.

La nostra previsione di un ulteriore taglio dei tassi il prossimo anno è in linea con le aspettative della Fed, ma riteniamo che l’allentamento si fermerà lì. Ciò che potremmo riconsiderare è la tempistica, spostandola verso metà anno. L’accelerazione dell’attività prevista per il primo trimestre potrebbe ridurre le preoccupazioni sul mercato del lavoro, consentendo alla Fed più tempo per valutare la situazione. Prima della riunione, i mercati si aspettavano ancora più di due tagli il prossimo anno.

Daniel Siluk, Portfolio Manager and Head of Global Short Duration and Liquidity, Janus Henderson Investors

La Federal Reserve ha annunciato il terzo taglio dei tassi dell’anno, abbassando il range obiettivo al 3,50-3,75%, ma il messaggio è stato chiaro: l’era dell’allentamento preventivo è finita. Nella sua dichiarazione di dicembre, la Fed ha sottolineato che le mosse future dipenderanno dai dati, passando decisamente a un approccio meeting per meeting. Il presidente Powell ha ribadito questa posizione nella sua conferenza stampa, sottolineando che il Comitato considera il taglio come un “aggiustamento prudente” piuttosto che l’inizio di un nuovo ciclo.

Il Summary of Economic Projections (SEP) ha fatto eco a questo tono restrittivo. Le previsioni di crescita per il 2026 e il 2027 sono state riviste leggermente al rialzo, l’inflazione è in calo per il 2026 e la disoccupazione è rimasta stabile nell’orizzonte di medio termine, un contesto che difficilmente favorisce un allentamento aggressivo. Il livello mediano dei tassi di politica monetaria è rimasto invariato al 3,6% per il 2025 e al 3,4% per il 2026, segnalando la possibilità di un solo taglio all’anno. Le aspettative a più lungo termine rimangono ancorate al 3,0%.

La mossa sottolinea la fiducia della Fed nel fatto che l’inflazione si stia raffreddando senza compromettere la crescita, evidenziando al contempo un livello elevato per ulteriori tagli. Con Powell che sottolinea la necessità di pazienza e un Comitato diviso, la Fed entra nel 2026 in una fase di attendismo, in attesa di un nuovo presidente.

 


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