Il contributo di Marcel Zimmermann, gestore fondo Asian Opportunities di Lemanik, all’inchiesta di Fondi&Sicav sull’azionario emergente

Marcel Zimmermann, Lemanik

Nel decennio appena conclusosi, gli indici azionari composti dall’universo dei paesi emergenti non sono stati in grado di seguire il trend rialzista delle principali Borse delle aree sviluppate. Quali sono, a vostro giudizio, le ragioni alla base della sottoperformance?

Negli ultimi dieci anni, le cause più evidenti della sottoperformance agli occhi degli investitori sono state la debolezza delle materie prime e la forza del dollaro rispetto alle valute dei paesi emergenti: questi due fattori hanno spinto i gestori a sottopesare questa asset class. La situazione però cambia notevolmente se si considera la performance all’interno del paniere dei mercati emergenti. La grande crescita della classe media in Cina nell’arco gli ultimi dieci anni, infatti, ha contribuito a rendere l’Asia la regione con il più grande bacino di consumatori a livello globale. A livello di performance azionaria, la regione ha sovraperformato anche l’Eurostoxx. L’America Latina, invece, ha sofferto della debolezza delle valute locali e del settore delle materie prime. Negli ultimi due anni, la nuova politica di deglobalizzazione industriale statunitense ha poi influito negativamente anche sugli investimenti nel settore finanziario nel segmento degli emerging markets e questa incertezza si è tradotta in valutazioni più basse rispetto a quelle dei mercati sviluppati.

Attualmente sta crescendo il numero di esperti che inserisce l’equity emergente tra le asset class favorite per il 2020. Concordate o no con questa view? Per quali ragioni?

L’importanza economica e finanziaria del mercato cinese si sta traducendo in un peso sempre maggiore del Paese negli indici emergenti e globali; la diffusione di strumenti passivi come gli Etf contribuisce ad alimentare questo tendenza in maniera significativa.
La crescita maggiore delle economie asiatiche emergenti (Cina, India, Indonesia) favorisce nettamente questa asset class. La nostra view rimane dunque positiva sui mercati emergenti asiatici e ci attendiamo un’ulteriore espansione di quest’aera geografica nel contesto globale.

La sottovalutazione degli Em rispetto al segmento dei mercati sviluppati potrebbe diminuire anche grazie agli ulteriori accordi commerciali stipulati tra i Paesi della regione asiatica e gli Stati Uniti: la ridotta visibilità geo-politica causata dalla trade war ha rappresentato, senza dubbio, uno dei principali fattori-causa di questa situazione.

Le materie prime sono in una fase laterale da ormai quattro anni, a un livello molto basso, come non si vedeva dal 2002. Una debolezza del dollaro statunitense, causata da aspettative di accelerazione di crescita in Europa ed in Asia e deflussi dai cosiddetti “safe haven” assets come le obbligazioni governative, Usd e Yen, potrebbe dare supporto ai settori delle commodities, delle valute emergenti e degli Em latinoamericani.

La sottovalutazione attuale del segmento dei mercati emergenti è, a nostro avviso, a un livello attrattivo di accumulo con un orizzonte d’investimento a 3-5 anni.


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