L’intervento di Mathieu Nègre, head of Emerging Equities di Union Bancaire Privée (Ubp), all’inchiesta di Fondi&Sicav sull’azionario emergente


Nel decennio appena conclusosi, gli indici azionari composti dall’universo dei Paesi emergenti non sono stati in grado di seguire il trend rialzista delle principali Borse delle aree sviluppate. Quali sono, a vostro giudizio, le ragioni alla base della sottoperformance?
Sono passati quasi dieci anni da quando le azioni dei mercati emergenti hanno raggiunto il proprio picco rispetto a quelle dei Paesi sviluppati e questo a nostro avviso è avvenuto per due motivi. In primo luogo, il dollaro si è rafforzato sempre di più, il che è sempre un problema in quanto rappresenta una valuta di finanziamento significativa per molti Paesi emergenti; in secondo luogo, le società dei Paesi emergenti dopo gli anni favorevoli di cui ha beneficiato l’asset class all’inizio del secolo, hanno sofferto di un rallentamento strutturale. Effettivamente la crescita è più elevata nei Paesi emergenti, ma quando rallenta, tornando dai livelli elevati alla media globale, essa pesa sulla performance degli asset locali. Negli anni 2000 i Paesi emergenti hanno potuto performare bene. Avevano ristrutturato il proprio debito, le loro valute si stavano apprezzando e le società guadagnavano quote sui mercati internazionali. Dai loro minimi del 2001 al 2010, hanno goduto di un continuo re-rating rispetto al resto del mondo. Tale situazione ha portato a un livello soddisfacente e, naturalmente, a valutazioni più elevate per azioni e valute. Ciò ha reso l’inizio dell’ultimo decennio un punto di partenza molto più impegnativo a cui si è aggiunta verso la fine del periodo un’ulteriore complicazione derivante dalle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina.
Attualmente sta crescendo il numero di esperti che inserisce l’equity emergente tra le asset class favorite per il 2020. Concordate o no con questa view? Per quali ragioni?
Il 2020 potrebbe rappresentare un punto di svolta in cui l’asset class potrebbe performare meglio. La firma della “Fase 1” dell’accordo commerciale tra le due superpotenze non rappresenta la fine della guerra commerciale, ma potrebbe voler dire che il punto più critico potrebbe essere ormai acqua passata. Di questo gli asset emergenti sono destinati a beneficiare. Inoltre, il punto di partenza è molto interessante, poiché è importante notare che questo mercato rialzista è durato per un po’ di tempo e non tutte le asset class possono dire lo stesso. Detto questo e come accade sempre per i mercati emergenti, ciò dipenderà da un outlook positivo per i tassi di interesse e il dollaro Usa, che non può mai essere dato per scontato.
Stefania Basso
Laureata all'Università Statale di Milano, dal 2006 collaboro con Fondi&Sicav. Lunga esperienza nel settore del risparmio gestito come marketing manager presso Franklin Templeton Investments e J.P. Morgan Fleming Am a Milano e a Lussemburgo. Breve esperienza presso Lob Media Relations come ufficio stampa per alcune realtà finanziarie estere. In tutto il mio percorso professionale ho lavorato a stretto contatto con persone provenienti da diverse parti del mondo, che mi hanno permesso di avere un approccio dinamico e stimolante e di apprendere attraverso il confronto con realtà differenti.

