Oliver Lee, Investment director, Global Emerging Market Equities, Merian Global Investors, risponde alle domande di Fondi&Sicav sull’azionario emergente


Nel decennio appena conclusosi, gli indici azionari composti dall’universo dei paesi emergenti non sono stati in grado di seguire il trend rialzista delle principali Borse delle aree sviluppate. Quali sono, a vostro giudizio, le ragioni alla base della sottoperformance?
I motivi chiave alla base della relativa sottoperformance dell’azionario emergente nel corso degli ultimi dieci anni non sono molti. In primo luogo, dopo la crisi finanziaria globale gli Stati Uniti hanno visto una fase ascendente, grazie al sostegno del quantitative easing e del trend di buyback delle azioni. Negli ultimi anni quello statunitense è stato un mercato abbastanza concentrato, con i Faang che hanno messo a segno performance fenomenali a livello di prezzo dei titoli e con gli investitori che sono stati comprensibilmente riluttanti a spostarsi su altri mercati quando le loro posizioni generavano rendimenti così positivi. Ciò spiega perché i fund manager con mandati globali hanno continuato a sovrappesare l’azionario Usa.
In secondo luogo, la crescita economica cinese ha rallentato gradualmente nel corso degli ultimi dieci anni e i governi hanno giustamente abbandonato la fiducia riposta in passato sugli investimenti obbligazionari. Ci sono stati diversi venti contrari sia economici che politici, come la trade war, che hanno portato a una crescente avversione al rischio da parte degli investitori. In terzo luogo, a livello di indici sull’azionario emergente, c’è stata una lenta erosione dei rendimenti sull’azionario se comparati con quelli dei mercati sviluppati, ed è proprio questo elemento a guidare i prezzi delle azioni. Ecco perché incoraggiamo sempre gli investitori ad adottare un approccio attivo piuttosto che passivo nei mercati emergenti, dove è possibile selezionare le aziende migliori ed evitare quelle che soffrono a causa di fattori come sovracapacità o bilanci negativi.
Attualmente sta crescendo il numero di esperti che inserisce l’equity emergente tra le asset class favorite per il 2020. Concordate o no con questa view? Per quali ragioni?
Sì, siamo d’accordo e riteniamo che l’azionario emergente quest’anno offra agli investitori una prospettiva di potenziale crescita. Il tiro alla fune tra il rallentamento della crescita globale e la liquidità iniettata sui mercati dalle banche centrali è stato il tema dominante del 2019 e ci aspettiamo che questo contesto persisterà. Ciò significa che i mercati azionari probabilmente vedranno un trend ancora più positivo.
L’attuale contesto economico di crescita modesta e tassi bassi negli Stati Uniti dovrebbe essere di supporto per i mercati emergenti, dato che potrebbe facilitare un indebolimento del dollaro. Inoltre, il sentiment è migliorato sia sul tema trade war che sulla ripresa della crescita globale, con Pmi e investitori che stanno sottopesando fortemente l’azionario emergente, tendenza che a nostro avviso si invertirà nel corso dell’anno. Riteniamo che la famosa frase di Roosevelt “l’unica cosa di cui dobbiamo aver paura è la paura stessa” si applichi agli investimenti nei mercati emergenti nel 2020 e che il contesto attuale sia molto positivo per gli investitori attivi come noi.
Stefania Basso
Laureata all'Università Statale di Milano, dal 2006 collaboro con Fondi&Sicav. Lunga esperienza nel settore del risparmio gestito come marketing manager presso Franklin Templeton Investments e J.P. Morgan Fleming Am a Milano e a Lussemburgo. Breve esperienza presso Lob Media Relations come ufficio stampa per alcune realtà finanziarie estere. In tutto il mio percorso professionale ho lavorato a stretto contatto con persone provenienti da diverse parti del mondo, che mi hanno permesso di avere un approccio dinamico e stimolante e di apprendere attraverso il confronto con realtà differenti.

