L’età media dei consulenti finanziari supera i 50 anni e gli advisor che ne hanno meno di 30 sono sotto il 2%. In pratica un lavoro che sta rischiando di restare appannaggio di professionisti sempre più avanti con gli anni. Le reti stanno cominciando ad accorgersi del problema, anche perché le conoscenze tecnologiche necessarie per portare avanti la relazione con il cliente sono sempre più sofisticate e più facilmente utilizzabili dai giovani che dai senior. E diverse società stanno avviando programmi di inserimento di neolaureati. Ma non è un’operazione facile
L’Italia invecchia e con essa anche i consulenti finanziari. Il tema è caldo e se ne parlerà anche all’evento di ConsulenTia, in programma a Roma dal 4 al 6 febbraio. I dati contenuti nella relazione sul 2018 dell’Organismo di vigilanza dei consulenti finanziari rivelano che l’età media dei professionisti iscritti all’albo è di 51 anni. Il 56,6% supera i 50 e il 5,9% ha oltre 65 anni. Viva la gioventù, verrebbe da dire, ma dove sono finiti i giovani?
«È evidente che il settore della consulenza finanziaria ha bisogno di aprirsi alle generazioni più recenti e impegnare più forze per richiamare a sé la loro attenzione», nota Germana Martano, direttore generale dell’Anasf. «In questo scenario, che evidenzia basse prospettive di crescita del sistema, l’industria dovrebbe puntare sui giovani, ovvero i consulenti di domani, e non solo sui professionisti già formati, per immettere nel mercato nuova forza lavoro. Dell’argomento parleremo a ConsulenTia20 Roma, durante il convegno Anasf del 6 febbraio, dal titolo “Re-generation: largo ai giovani”. Partendo dalla questione giovanile, tout court, arriveremo al focus sul ricambio generazionale nell’attività di consulente finanziario. Professione che oggi più che mai ha bisogno di nuove energie e competenze per crescere».
«Dopo l’incremento significativo di iscritti all’albo avvenuto a cavallo tra gli anni ‘90 e l’inizio degli anni 2000, ha avuto luogo un decremento altrettanto notevole, anche a causa della crisi economica. L’importanza del ricambio generazionale è quindi passata in secondo piano ed è stata sottovalutata per lunghi periodi», aggiunge Paolo Isidoro, responsabile sviluppo rete di IwBank Private Investments. Perciò, continua Stefano Gallizioli, responsabile dello Sviluppo rete e recruiting di Fideuram-Intesa Sanpaolo Private Banking, «è molto importante per il nostro settore avere un piano efficiente di inserimento di giovani consulenti che si affianchino a quelli più esperti per generare valore per i clienti delle diverse fasce di età e garantire continuità di servizio nel tempo».
IL PROBLEMA
Oggi solo l’11,5% dei consulenti finanziari italiani ha meno di 40 anni, mentre gli under 30 sono sotto il 2%. Bisogna investire, si dice da anni. «Aziende con età media elevata rischiano di trovarsi a gestire una rete che utilizza ancora modalità arcaiche, spesso basate su rendite di posizione: questo approccio annienta la crescita, mentre avere giovani in squadra significa potere innovare. Il progressivo trasferimento della ricchezza alle generazioni più recenti, sensibili a un approccio digitale e moderno della gestione del risparmio, richiede al consulente di evolversi verso una nuova tipologia di linguaggio utilizzando strumenti aggiornati, mentre le mandanti dovranno sfruttare la tecnologia per innovare e semplificare», nota Angelita Brambilla, responsabile sviluppo e reclutamento network Pfa di FinecoBank, rete che ha un’età media un po’ più bassa della media nazionale dei consulenti attivi (49 anni contro 51), con una quota di under 30 pari al 4,7%.
«L’invecchiamento dei professionisti della consulenza è una tematica critica di tutto il sistema sulla quale è necessario un lavoro sinergico tra operatori del settore e principali associazioni di categoria. La fotografia dei nostri 400 consulenti finanziari è in linea con la rilevazione annuale Ocf, ma puntiamo anche sulla crescita delle più recenti leve, come dimostra l’incidenza del 18% degli under 40 nella nostra rete», dichiara Duccio Marconi, direttore centrale consulenti finanziari di CheBanca!. «Riteniamo di potere affrontare il tema in maniera graduale e per tempo. Perciò, stiamo avviando un approccio strutturato di crescita dei giovani professionisti della consulenza: l’inserimento di figure junior prevede l’implementazione, sia di percorsi formativi dedicati, anche in affiancamento a consulenti senior, sia di un supporto concreto per permettere ai nuovi advisor di crearsi un portafoglio clienti». Per esempio, una lista di investitori nati sul canale digitale e cui fare conoscere i servizi di gestione viene messa disposizione dei professionisti: questa, secondo CheBanca!, rappresenta un’ottima opportunità di crescita per i consulenti più giovani, sempre sotto il tutoring dei colleghi veterani.
In Fideuram-Intesa Sanpaolo Private Banking la piramide delle età riflette il peso della storia: «Siamo stati la prima realtà di consulenza in Italia e i cosiddetti “padri fondatori” della consulenza finanziaria (gli over 65) rappresentano il 10% circa delle nostre rete», spiega Gallizioli. L’età media (53 anni) è leggermente superiore al dato nazionale e riflette quella dei clienti Fideuram-Ispb: «Di conseguenza c’è un po’ il timore di non riuscire a intercettare l’interesse e l’attenzione dei clienti potenziali più giovani, magari proprio dei loro stessi figli o nipoti, che ricercano un interlocutore coetaneo in cui potersi rispecchiare, sia termini di modalità di interazione, sia di comunicazione. «Tuttavia, negli ultimi due anni il dato ha evidenziato un rallentamento dovuto alle azioni intraprese orientate all’inserimento di giovani consulenti. Nell’ultimo triennio registriamo infatti un’età media di ingresso di 45 anni. Nella fascia under 30 ci troviamo allineati alla media di settore, pari al 2%, mentre gli over 50 sono circa il 60%, un dato superiore rispetto ai concorrenti».
IN CONTROTENDENZA
Copernico Sim, nata nel 1999 e dall’estate scorsa quotata all’Aim, presenta un quadro diverso: «Fortunatamente il dato nazionale è molto diverso da quello aziendale. Quasi 10 anni fa abbiamo iniziato a investire sulla selezione e formazione di giovani talenti da avviare alla professione riducendo in maniera graduale, ma decisa, l’età media dei consulenti», racconta il consigliere delegato Gianluca Scelzo. «A oggi, infatti, l’età media della rete è di 47 anni, il 40% dei nostri consulenti è under 40 e il 5% è under 30. Gli over 60 sono meno del 15%, e tutto ciò non può che renderci ottimisti sul nostro sviluppo futuro e sul ricambio generazionale».
AI RIPARI
Di fronte a questi numeri le reti di consulenza hanno cominciato ad attrezzarsi. «Il dovere di chi guida un’organizzazione è di pensare e agire in prospettiva. In un contesto che sta subendo profonde trasformazioni, le chiavi del successo vanno ricercate nella combinazione tra competenze specialistiche approfondite e massima confidenza con le nuove tecnologie applicate alla finanza per essere in grado di interloquire con le nuove generazioni di clienti sempre più digitalizzate», afferma Nicola Viscanti, head of advisors di Widiba (gruppo Banca Mps). «Per questo motivo stiamo studiando un passaggio graduale di consegne che ci consentirà di non disperdere il prezioso bagaglio di esperienza maturata dai nostri consulenti più avanti con l’età e utilizzare l’energia e le competenze tecniche dei giovani laureati. Inoltre crediamo che, oltre alla formazione e allo sviluppo delle nuove leve, il mondo dei bancari più giovani rappresenti una risorsa che riesce a dare un apporto fondamentale alla crescita, contribuendo a garantire professionalità e continuità di business».
Secondo Isidoro, di IwBank, «due sono gli errori più comuni che si commettono quando ci si approccia al tema del ricambio generazionale: il primo è pensare semplicisticamente che possa avvenire esclusivamente tramite la formazione di giovani che andranno a sostituire i professionisti più anziani, l’altro è considerare la consulenza come un universo chiuso ad altre professionalità. Così facendo non si dà al problema la rilevanza che merita e, allo stesso tempo, non si riesce a costruire soluzioni adeguate a contrastarlo».
«Questa è una professione caratterizzata da dinamismo e imprenditorialità, aspetti che accendono l’interesse dei giovani», osserva Brambilla, di FinecoBank. Ma per sostenere un processo di crescita professionale è necessario un progetto concreto con modalità chiare e ben definite. Così in FinecoBank è stato creato un progetto ad hoc per accompagnre il neo-consulente nella costruzione della propria professionalità: si parte dalla preparazione dell’esame di abilitazione e si prosegue con la guida di un trainer per sviluppare competenze tecniche, commerciali e relazionali; sono previste anche forme di sostegno economico fisse e al raggiungimento di obiettivi. «Dal 2020 puntiamo a inserire almeno un centinaio di giovani all’anno. E fin qui riscontriamo una buona percentuale di successo: su 441 giovani che hanno iniziato con noi negli ultimi cinque-sei anni, il 70% è ancora in rete e sta esprimendo risultati di tutto rispetto».
IL RECLUTAMENTO
Come attrarre i giovani? Gallizioli non nasconde le difficoltà: «Per quanto riguarda i neolaureati, credo che la sfida principale sia legata al fatto che il mondo bancario ha perso la sua tradizionale attrattività. In realtà, il settore della consulenza finanziaria ha caratteristiche ben distinte dalla classica banca, tanto che negli ultimi anni ha confermato una crescita senza interruzioni; ritengo che per un giovane di valore possa essere un settore di grande interesse per migliorare professionalmente. Abbiamo quindi davanti a noi due sfide. La prima è comunicare in modo corretto a chi si avvicina al mondo della consulenza finanziaria il potenziale della nostra professione. La seconda, altrettanto fondamentale, è supportare i giovani neolaureati con progetti dedicati che consentano da una parte lo sviluppo delle competenze professionali e dall’altra un supporto alla costruzione di un portafoglio clienti».
Le università sono uno dei bacini privilegiati in cui pescare candidati. «La nostra attività di acquisizione di talenti si sviluppa attraverso la partecipazione ai career day delle principali e più prestigiose università italiane, durante i quali descriviamo l’attività e l’importanza della professione», racconta Viscanti (Widiba). Una volta acquisito l’interesse del candidato si procede con una selezione attenta, sulla base delle attitudini emerse da una serie di colloqui effettuati da esperti recruiter. «La preparazione all’esame per l’iscrizione all’albo avviene attraverso la nostra “Academy on line” che prevede un processo di e-learning realizzato da esperti docenti. Una volta inseriti in struttura entrano in un percorso di formazione specialistica riguardo alle piattaforme, prodotti, servizi, tools e contesti di mercato e normativi», continua il manager di Widiba. Ma ciò che più conta è l’esperienza sul campo col supporto dei colleghi di maggiore esperienza, in un processo di integrazione continua che dà vita a una vera e propria contaminazione tra generazioni. «Da noi i giovani consulenti vengono coinvolti nei gruppi di lavoro con la direzione sui temi della comunicazione con i clienti e su quelli dalla forte connotazione tecnologica perché capaci di comprendere le dinamiche e le esigenze sempre più sofisticate delle nuove generazioni», conclude Viscanti.
LA GAVETTA
In CheBanca!, assicura Marconi, «valutiamo candidature di giovani che si vogliono avviare alla carriera di consulenti finanziari accompagnandoli passo dopo passo, con il supporto di consulenti senior e di formatori esterni, fino e oltre l’esame di abilitazione. Guardiamo inoltre con attenzione anche ai giovani bancari che vogliono fare il passaggio alla libera professione dopo un’esperienza da dipendenti. Due iniziative che sono certo abbasseranno progressivamente l’età media dei consulenti della nostra rete».
C’è poi comunque un tema ineludibile: come in tutte le professioni, nei primi anni occorre fare molta gavetta prima di raccogliere i risultati sperati. «Poiché è peculiare rispetto ad altre professioni, si potrebbe pensare che la crescita nel mondo della consulenza risponda a logiche diverse da quelle tradizionali: l’errore più comune dei giovani consulenti sta tutto qui», sottolinea Isidoro (IwBank). «Diventare professionisti della consulenza non è istantaneo, né tanto meno immediato: è un percorso di maturazione progressiva, i cui frutti non possono vedersi dall’oggi al domani. La determinazione a fare questa professione è la chiave di volta per gestire con successo un percorso di crescita che potrà avere, come qualsiasi attività professionale, alti e bassi».
Attenzione, dunque, avverte Brambilla (FinecoBank): «Un passaggio dei portafogli fine a se stesso non offre alcuna garanzia di successo alle nuove leve. È indispensabile che la mandante abbia un modello organizzativo attuale ed efficace, che preveda forme di collaborazione strutturata tra consulenti e la condivisione della gestione della clientela sfruttando la complementarietà delle competenze. Penso insomma a un modello che agevoli l’aumento della produttività, dell’organizzazione in team e della qualità nella gestione dei clienti».
PASSAGGI DI PORTAFOGLIO
Che cosa fare, però, nell’attesa che arrivino i risultati? «Bisogna avere pazienza da entrambi i lati, sia da quello del consulente, sia da quello della rete, perché il successo non si consegue subito», dice Scelzo (Copernico Sim). «Ci vogliono infatti mediamente tra i tre e i cinque anni affinché il consulente junior entri a completo regime. C’è da dire, però, che una volta trascorso questo periodo i portafogli iniziano a diventare interessanti e spesso aumentano la media della società. La nostra intenzione è continuare a lavorare con i giovani essenzialmente per due motivi: crediamo nelle nuove leve e riteniamo che alla lunga possano portare maggiore professionalità al sistema».
In Widiba «l’idea di ricambio generazionale consiste nell’affiancamento di consulenti in procinto di godersi la meritata pensione a giovani laureati», sostiene Viscanti. «In questo modo si garantisce un graduale passaggio di consegne che permette al giovane di acquisire la capacità relazionale, oltre al fatto non trascurabile che, così facendo, riusciamo a garantire la sostenibilità economica al neo-consulente. Nel contempo anche il cliente ha tempo e modo di apprezzare le capacità professionali del giovane che si relaziona con l’intera famiglia, quindi anche con i figli, dando continuità al rapporto consulenziale».
In casa IwBank è stata da tempo regolata contrattualmente una serie di provvedimenti che consentono di gestire al meglio il passaggio generazionale del portafoglio, garantendo soddisfazioni anche dal punto di vista remunerativo, sia al consulente che lascia l’attività, sia a quello che subentra nella relazione con l’investitore. «Ma il tutto è stato pensato avendo come logica di base la cura del cliente, cui deve sempre essere garantito il massimo della continuità e della qualità del servizio», ci tiene a sottolineare Isidoro.
Viscanti (Widiba) riconosce che «gli ostacoli principali che un giovane consulente incontra nella professione sono ovviamente rappresentati dalle difficoltà di sviluppare un proprio portafoglio di clienti con volumi tali da assicurare un ritorno economico adeguato sin dall’inizio». Per ovviare a questa difficoltà si stanno sperimentando percorsi di abbinamento «tra l’energia e la creatività tipica dei giovani e l’esperienza maturata da professionisti che hanno contribuito alla nascita della consulenza finanziaria in Italia». È un connubio questo, aggiunge il manager, «di fondamentale importanza, tanto è vero che già in tempi non sospetti abbiamo iniziato a inserire giovani laureati nella nostra organizzazione: lungo il percorso ci siamo resi conto della necessità di alcuni aggiustamenti necessari, perché un’attività professionale come quella del consulente finanziario necessita di un periodo non brevissimo per consolidarsi».
Copernico Sim prevede una formula che lascia la massima libertà al consulente senior uscente: è lui a scegliere a quali consulenti più giovani riassegnare il portafoglio, visto che c’è un co-interesse anche economico per i cinque anni successivi per entrambe le figure.
IN TEAM
C’è un’altra modalità che si sta facendo strada e che prevede sistematicamente il lavoro in gruppo, come racconta Gallizioli: «Da alcuni anni in Fideuram-Ispb abbiamo introdotto l’iniziativa “Team”, un modello di accordo fra due o più private banker in base al quale vi è la condivisione di clienti e relativi ricavi in funzione di una progettualità condivisa. L’accordo ha durata variabile da 12 a 36 mesi e i private banker possono scegliere se al termine del periodo procedere a un trasferimento di portafoglio. A oggi abbiamo circa 1.000 accordi attivi che riguardano il 25% delle nostre reti, di cui circa un quarto contempla proprio accordi finalizzati a gestire un passaggio generazionale del portafoglio e coinvolge team partner con età media di 44 anni».
Nell’ambito dei percorsi formativi e di crescita dei neo-consulenti, CheBanca! prevede modalità di lavoro in gruppo. «L’obiettivo è costruire team di lavoro all’interno dei quali una quota degli asset gestiti verrà progressivamente ceduta alle figure più giovani da parte dei consulenti senior, che si dedicheranno maggiormente alle attività di coordinamento», dice Marconi. «Ciò può avvenire come passaggio generazionale di portafoglio da padre a figlio, ma anche tra due professionisti distinti riallocando, ad esempio, i portafogli dei consulenti prossimi alla pensione». La valorizzazione del portafoglio al consulente uscente da parte di CheBanca!, è un’ulteriore leva affinché il professionista senior collabori attivamente, e con profitto anche per sé, nell’individuare un giovane da fare crescere e cui cedere la propria clientela.
ENERGIA DALLE BANCHE
Un bacino per attingere energie fresche è quello dei bancari under 40. «In CheBanca! guardiamo inoltre con attenzione anche ai giovani bancari che vogliono fare il passaggio alla libera professione dopo un’esperienza da dipendenti», dichiara Marconi.
Anche IwBank si muove su questa strada: «Per i bancari che rientrano nella fascia demografica 35/45 anni, abbiamo costruito un tool di inserimento che consente loro di guardare al proprio futuro con maggiori prospettive e certezze quando affrontano una scelta di tipo professionale», conclude Isidoro.
Redazione
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