Nel contesto perdurante di tassi bassi, situazione aggravata dall’epidemia di Coronavirus, come sta cambiando l’offerta delle rete di consulenza? Ne parliamo con Edoardo Fontana Rava, direttore Sviluppo prodotti e Modello di business di Banca Mediolanum.

Qual è oggi il rischio maggiore per i risparmiatori?
«Uno dei rischi più grandi, in un contesto di tassi zero, è quello di non veder valorizzato il proprio risparmio. Molti clienti infatti non hanno ancora maturato la consapevolezza che in questo scenario di mercato le soluzioni di breve non hanno più i rendimenti di una volta. Per combattere i tassi zero, per noi non esiste un prodotto o una strategia valida per tutti i clienti. Per vincere la sfida bisogna innanzitutto portare il cliente ad individuare le proprie esigenze ed i progetti di vita della famiglia e successivamente costruire insieme una pianificazione finanziaria che sfrutti il tempo con un orizzonte temporale di medio/lungo periodo, attraverso sistemi di ingresso graduali ed automatici sui mercati, come il Dollar cost average, che puntano a sfruttare le potenzialità della volatilità e a ridurre l’emotività. Infatti, il ruolo di chi fa consulenza è quello di accompagnare i clienti a realizzare i propri obiettivi di vita che quasi sempre sono proiettati nel medio/lungo termine».

Pensa i mercati privati siano una buona alternativa?
«Differenti strumenti finanziari devono essere collocati all’interno dei portafogli in base ad una corretta diversificazione e pianificazione temporale delle esigenze del cliente. Premesso ciò, credo sia importante che l’industria del risparmio ricerchi valore anche in strumenti che possono dare rendimenti interessanti. Tuttavia, questi mercati, ancora più di altri, hanno caratteristiche tecniche e di rischio tali per cui solo un operatore esperto può avere il giusto approccio grazie agli strumenti e le conoscenze in suo possesso. È quindi necessaria una corretta e ampia diversificazione che consente di ridurre i rischi senza rinunciare all’elevata potenzialità di questi mercati, che non sono ancora completamente maturi e stabili da un punto di vista finanziario. Il fondo comune di investimento, come le gestioni in senso generale, è tra gli strumenti più adatti per beneficiare di questo potenziale».

Le tematiche ESG sono ormai viralizzate all’interno dell’industria dell’asset management, tanto che c’è chi ritiene che nel tempo diventeranno sempre meno distintive nell’offerta di consulenza, in quanto tutti o quasi i prodotti avranno etichetta ESG. Qual è la vostra visione al riguardo?
«La tematica ESG è una tematica molto più complessa di quello che può apparire. Ritengo infatti che non sia solo una moda del momento ma in realtà un tema strutturale ed essenziale nell’ambito degli investimenti. La complessità sta nel fatto che oggi esiste un’estrema varietà etimologica e di approcci alla tematica con pesi e valenze molto diverse fra loro. Anche se l’industria del risparmio gestito ha già indentificato parametri abbastanza univoci dei criteri di ESG, siamo ancora in una fase in cui i prodotti vengono distinti in prodotti sostenibili e non. Io credo che gradualmente dovremmo arrivare ad applicare questi criteri a tutti i prodotti indistintamente, abbandonando la logica di pura classificazione di sostenibilità».

Qual è l’atteggiamento dei clienti sul punto?
«I clienti dal canto loro, sono storicamente e inevitabilmente sensibili al tema della sostenibilità ma in realtà non tutti ne comprendono il significato fino in fondo. Mentre è immediato per tutti capire la valenza del tema ambientale rappresentato dalla E di environment, la S di sostenibiltà e la G di governace sono elementi che non vengono naturalmente associati al tema dell’ESG in senso lato. La domanda di questi prodotti quindi è più emotiva che razionale. Eppure proprio sostenibilità e governance sono criteri che nel lungo periodo forniscono garanzie di prestazione e solidità degli investimenti».

Ritenete che i certificates possano essere un valido strumento per ottenere flussi periodici?
«La debolezza del mercato obbligazionario e dei Titoli di Stato in generale ha favorito una maggiore attenzione ai certificates, tanto da far loro guadagnare interesse all’interno dei portafogli dei risparmiatori. Importante però è evidenziare che non tutti i certificates sono uguali. Ci sono soluzioni più o meno sofisticate, con diversi livelli di rischio ed in alcuni casi anche molto elevati se concentrati su singoli titoli; è quindi importante collocare correttamente lo strumento sia in base alla propensione di rischio del cliente sia in relazione al portafoglio. La caratteristica principale di questi prodotti è quella di avere scadenza e prestazione ben identificata, il che li rende molto utili nel raggiungimento di specifiche esigenze temporali, ma sempre come quota parte di una corretta diversificazione strumentale».


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