I riflettori dell’Aipb sono accesi sull’importanza della crescita, soprattutto per quattro ragioni:

1 – Il tasso di risparmio delle famiglie italiane è in calo dagli anni Ottanta e si attesta oggi all’8,4%, a fronte di un andamento dei consumi che rimane invariato: le attese sono che per i prossimi tre anni veleggi intorno a questi livelli

2 – I flussi sono sempre più bassi rispetto allo stock: la capacità delle famiglie di generare nuova ricchezza è diminuita significativamente, passando da flussi cumulati di 1.746 miliardi di euro tra il 1996 e il 2009 a soli 950 miliardi di euro negli anni successivi. Questi flussi, da soli, difficilmente saranno sufficienti a soddisfare gli obiettivi di vita delle famiglie, rendendo indispensabile una gestione più efficiente e produttiva anche degli stock di ricchezza esistenti.

3 – L’aumento delle aspettative di vita, insieme alla necessità di colmare il crescente gap pensionistico, richiede un ripensamento delle strategie di allocazione della ricchezza attraverso una maggiore diversificazione dei portafogli a favore dell’azionario e una conseguente riduzione della liquidità e dell’esposizione al reddito fisso. È necessario, inoltre, allungare l’orizzonte temporale delle scelte d’investimento

4 – La ricchezza reale delle famiglie italiane è scesa negli ultimi 20 anni, una ulteriore motivazione per ripensare all’allocazione tra attivi all’interno dei portafogli.

A queste motivazioni, addotte da Andrea Ragaini, presidente Aipb, in occasione di un incontro con la stampa, ne ha aggiunto una quinta: l’importanza che la ricchezza delle famiglie venga veicolata in modo da diventare un moltiplicatore del Pil.

Allocazione dei patrimoni

L’allocazione della ricchezza delle famiglie italiane non sembrerebbe però adeguata alle nuove priorità: il 51% del patrimonio è costituito da proprietà immobiliari (valore che negli anni è sceso perché il patrimonio si è svalutato), il 30% da attività finanziarie investibili e il 16% da attivi non investibili. Se si analizza la ricchezza finanziaria (escludendo le famiglie private), emerge che il 50% è investito in liquidità, il 40% in obbligazioni, il 10% in azioni e lo 0,1% nei mercati privati. Le famiglie assistite dal private banking vantano, invece, una diversificazione dei portafogli nettamente superiore rispetto alle altre famiglie italiane. La liquidità incide solo per il 12% del portafoglio, mentre gli investimenti in azioni raggiungono il 29%. La presenza nei private market rimane marginale (0,8%). Questa strategia ha consentito infatti al Private Banking di registrare una crescita degli asset superiore a quella degli altri canali. Il 2024 si chiuderà con un ulteriore aumento delle masse gestite, che raggiungeranno i 1.242 miliardi di euro, segnando un +12,8% rispetto ai 1.101 miliardi del 2023, un risultato nettamente superiore all’incremento dell’1,3% registrato dagli altri operatori. I principali driver di questa crescita saranno la raccolta netta (58 miliardi) e l’effetto mercato (55 miliardi), seguiti dall’ingresso di nuovi player, che contribuiranno per 28 miliardi.

Per l’industria del private banking, una priorità chiave è aumentare gli investimenti in azioni e nei mercati privati nei prossimi mesi, così da cogliere opportunità non disponibili nei mercati quotati.

Che cosa può fare il private banking

Aipb ritiene che si debbano perseguire due obiettivi: guidare gli investitori e sostenere gli imprenditori.

Per quanto riguarda il primo aspetto, il private banking, nonostante abbia già agito in questa direzione, dovrebbe indirizzare i propri sforzi a ridurre ulteriormente la liquidità nei portafogli, migliorare la diversificazione di questi ultimi e allungare l’orizzonte temporale. Per fare in modo che questo cambiamento sia possibile, si potrebbe procedere con la sostituzione di una parte della liquidità detenuta a protezione, con prodotti assicurativi dedicati alla private protection, aumentare il peso delle azioni e dei mercati privati imparando a gestire l’emotività del cliente nei confronti di queste asset class. Su questi fronti l’Aipb è già impegnata, come ha ricordato il suo presidente, ma ulteriori sforzi e impegni sono necessari anche dalle terze parti coinvolte. In particolare, per quanto riguarda i mercati privati, Ragaini ha sottolineato la necessità di una legislazione lungimirante e di una regolamentazione fiscali che incentivi l’acquisto ti tale tipologia di attivi

In merito al sostegno agli imprenditori, l’Associazione ha ricordato che il private banking non si limita alla gestione del patrimonio finanziario privato, ma agisce come un vero catalizzatore per la crescita economica dell’Italia. Il suo impatto si estende oltre il singolo cliente, influenzando positivamente l’intero sistema economico nazionale. In particolare, gioca un ruolo cruciale nel supportare le Pmi italiane verso una crescita sostenibile, migliorandone la capacità di investimento, rafforzandone la governance e garantendone la competitività e la resilienza nel tempo.


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Redazione

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