a cura di Pinuccia Parini
Le preoccupazioni che si son riversate sui mercati finanziari sollevano una serie di punti di domanda e, nel contempo, richiedono alcune riflessioni su come allocare i propri investimenti. Per quanto riguarda l’asset class azionaria, vista anche la recente volatilità registrata, diventa importante esaminare con attenzione l’universo di titoli presi in considerazione. A parlarne è Rosanna Burcheri, portfolio manager di Fidelity International e responsabile di Fidelity Funds America Fund (FF America Fund).
Alla luce della situazione attuale, per quanto riguarda l’investimento azionario, ritiene che il mercato americano possa risultare più interessante e difensivo di quello europeo?
«Penso che l’economia americana possa mostrare maggiore resilienza nell’attraversare questa fase delicata e di profonda incertezza. Le ragioni sono diverse, tra le quali spicca la capacità del Paese di essere quasi indipendente rispetto all’approvvigionamento energetico e ad alcune soft commodity, soprattutto in campo alimentare».
Ritiene, quindi, che ci siano meno pressioni di spesa?
«Direi che l’America è ben posizionata per affrontare l’aumento registrato da buona parte delle materie prime, tenendo conto che, in campo energetico, potenzialmente potrebbe esserci un’offerta di petrolio da parte delle aziende di scisto che però, per il momento, non hanno ancora aperto i rubinetti, vista anche la necessità di fare ulteriori investimenti in macchinari. Per quanto riguarda, invece, le commodity alimentari, la dipendenza dall’estero è contenuta e legata soprattutto all’America latina. Ritengo, perciò, che siamo di fronte a un’economia che può ben difendersi da shock esterni, perché “isolata”. Inoltre non si deve dimenticare quanta liquidità è arrivata direttamente nelle tasche dei consumatori americani durante la pandemia. Le misure di sostegno decise dal governo sono state eccezionali, decisamente superiori a quelle adottate durante la crisi finanziaria globale, e hanno raggiunto un totale di 827 miliardi di dollari. Il reddito mediano delle famiglie americane, calcolato nel 2020, è stato di 67.521 dollari, rispetto ai 50.303 del 2008, e rimane ancora elevato il saggio di risparmio. Ciò significa che il potere di spesa degli americani è tuttora alto, un altro fattore di forza dell’economia».
Questa sua considerazione trova poi una trasposizione all’interno delle scelte di portafoglio?
«Indipendentemente dalla situazione contingente, le mie scelte sono guidate dalla decisione di investire in aziende, di grande e media capitalizzazione, che hanno soprattutto come mercato principale quello americano, in modo da potere monitorare meglio le variabili che possono incidere sulla loro attività. Ciò detto, se si guarda alla composizione dell’indice S&P 500, si può rilevare che oltre il 59% del fatturato delle società quotate è di fatto realizzato sul mercato domestico. Nel fondo FF America Fund quest’ultimo aspetto viene ulteriormente rafforzato con un significativo sovrappeso».
Ma per quanto l’economia americana possa essere “isolata”, è direttamente toccata da fenomeni quali l’inflazione, che possono avere ripercussioni, sia in termini di economia reale, sia sui mercati finanziari.
«È vero, ma l’inflazione non si è palesata negli ultimi mesi e le dinamiche erano già chiare dallo scorso anno, anche a causa delle distorsioni che si sono create all’interno della catena di approvvigionamento dopo la pandemia. Certo, se si guarda il rendimento del Treasury a due anni e lo si raffronta con quello a 10 anni, si può vedere quanto lo spread si sia ridotto e il rischio che ciò implica in termini di appiattimento della curva. Io ritengo che i raffronti debbano essere sempre fatti con molta attenzione e analizzando la temporalità delle dinamiche, per dare una lettura che sia contestualizzata alla situazione del momento. Devo onestamente dire che mi sarei attesa un rialzo dei tassi molto prima di quanto non sia successo e che non è sempre intellegibile la decisione della Fed di essere rimasta dietro la curva».
Pensa che, come spesso viene citato, stiamo ritornando agli anni ’70?
«Sono sempre molto cauta nel fare simili paragoni perché, come citava un filosofo presocratico, l’acqua che corre nel fiume non è mai la stessa e applicare schemi del passato al contesto odierno rischia di non fare cogliere le differenze».
Quindi che cosa la guida nelle scelte d’investimento?
«Innanzitutto la capacità delle aziende di avere modelli di business che sappiano cogliere le opportunità loro offerte da trend strutturali di lungo periodo e che permettano una crescita costante nel tempo, di avere pricing power, una bassa leva operativa e un bilancio solido. Sono imprese che, per come sono organizzate, hanno la possibilità di assorbire gli effetti negativi di un rallentamento economico e, all’interno di un portafoglio, servono a mitigare la volatilità in presenza di un aumento dell’avversione al rischio. Inoltre, l’analisi finanziaria tradizionale viene affiancata da quella Esg, grazie alla struttura interna di Fidelity di analisti dedicati che elaborano le loro valutazioni in termini di sostenibilità. FF America Fund è una soluzione di investimento classificata come articolo 8 in base alla Sfdr, caratteristica quest’ultima che riflette il nostro rapporto di interazione attiva e di ingaggio che abbiamo con le aziende presenti in portafoglio e che rientrano all’interno del nostro radar di osservazione».
E per quanto riguarda le valutazioni?
«Le valutazioni non sono l’unico parametro su cui mi focalizzo quando devo scegliere un titolo. Ritengo che sia importante guardare alle prospettive future di un’azienda e come queste possano essere realizzate. Quando mi viene chiesto di definire qual è il mio stile di investimento, rispondo che è “value core”, dove però tengo a specificare che non si tratta solo di guardare in una società quanto sia basso il suo P/E o il P/B rispetto al mercato, bensì di analizzare la sua capacità di aggiungere ogni anno crescita e di generare stabilmente cash flow».
Quali sono i temi dell’allocazione di FF America Fund?
«I principi dell’Onu e la transizione energetica, la sanità e i costi a essa collegati, la spesa dei consumatori, la resilienza energetica, le infrastrutture, i “content”, gli attivi di qualità e le situazioni di “turnaround”. È all’interno di questi temi che vengono operate le scelte sui singoli titoli, una volta calcolata anche la correlazione esistente all’interno di ciascuno di essi, cercando la più ampia diversificazione».
Come caratterizzerebbe questo suo approccio?
«Sono stati identificati alcuni temi che, in termini prospettici, si espleteranno in un lungo arco temporale. Penso, ad esempio, alla forte esposizione alla sanità, dove stiamo cavalcando il “medicare advantage”, disponibile a chiunque di età superiore ai 65 anni, attualmente coperto da Medicare, che permette, a un costo aggiuntivo contenuto, una maggiore copertura sanitaria. In questo ambito, c’è un ruolo importante svolto dalle società assicurative che, mettendo a disposizione le loro infrastrutture, completano le coperture sanitarie, alleggerendo il costo che altrimenti sarebbe sostenuto dal servizio pubblico. Per quanto riguarda, invece, le infrastrutture, così come le declino io all’interno del portafoglio, le aree di intervento sono i servizi digitali, l’e-commerce e i veicoli elettrici, i “binari” dell’economia moderna dove i semiconduttori a uso automobilistico e industriale possono beneficiare di un vento a favore grazie al continuo processo di elettrificazione e di automazione in atto».
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Pinuccia Parini
Dopo una lunga carriera in ambito finanziario sul lato, sia del sell side, sia del buy side, sono approdata a Fondi&Sicav

