AmundiIntervista a Siddhartha Singh, portfolio strategist & head of International Funds Sbi Funds Management Ltd (join venture indiana compartecipata da Amundi e State Bank of India)

L’India è ancora una storia di crescita strutturale?

«Sì, l’India è una storia di crescita strutturale e di lungo periodo sostenuta da diversi fattori trainanti. Primo, il profilo demografico favorevole: circa il 68% della popolazione è nella fascia di età lavorativa (15–64 anni). Secondo, l’urbanizzazione, sia fisica, sia digitale: in India ogni minuto 20 persone si trasferiscono in città. Terzo, l’energia: il Paese è in prima linea nel passaggio dai combustibili fossili alle rinnovabili, un processo che aumenterà la sicurezza energetica riducendo la dipendenza da altri stati. Quarto, il commercio: l’India è storicamente un hub per lo sviluppo di software e la “farmacia del mondo”. Oggi è anche un caso di successo per i Global capability centres (Gcc). Sono società controllate al 100% da multinazionali e costituite per svolgere funzioni strategiche, tecniche e operative per progetti globali, che insediano nel Paese attività di ricerca e sviluppo. Infine, la posizione geografica pone l’India in prima linea nella geopolitica. L’Oceano Indiano, attraverso il quale transita quasi il 60% del commercio mondiale, prende il nome dall’India, che è un attore chiave in questa regione. L’importanza della nazione nel mondo è evidente, come dimostrato dal numero di Gcc che si stanno aprendo nel Paese (circa uno alla settimana). Un rapporto recente di Knight Frank, società di consulenza immobiliare, indica che la locazione di spazi per uffici nelle tre principali città indiane dovrebbe raggiungere i 50 milioni di piedi quadrati nel 2025, superando il record precedente di 41 milioni registrato nel 2024. È un’impennata alimentata da contratti di leasing da parte dei Gcc e dalla ripresa di società terze di servizi It, a conferma dell’attrattività dell’India come hub globale per il business».

Un paese pronto ad attrarre capitali?

«Con il crescente scetticismo verso la Cina, l’India sta emergendo come alternativa e come partner più affidabile della supply chain. Inoltre, nel medio-breve periodo, è una destinazione favorevole per gli investitori globali. Ad esempio, è ampiamente riconosciuto che il Paese è carente di capitali ed energia. I primi sono necessari per investire nel tessuto economico e nelle infrastrutture (strade, porti, aeroporti, centri dati, energie rinnovabili, ecc.). Poiché i tassi d’interesse sono scesi pressoché ovunque, gli investitori sono alla ricerca di rendimenti più interessanti al di fuori del loro Paese e l’India potrebbe offrire questa opportunità. Allo stesso modo, gli investitori locali stanno indirizzando i loro flussi verso il mercato azionario domestico e le aziende ne stanno traendo beneficio.  Per quanto riguarda l’energia, indispensabile per la crescita della nazione, l’85% del greggio utilizzato è importato.  Attualmente, il Paese sta traendo vantaggio del basso prezzo del petrolio, ma sta anche investendo massicciamente in impianti di rinnovabili che entreranno in funzione tra pochi anni, riducendo così la dipendenza dalle importazioni».

Qual è il ritmo delle riforme in India? Compensa le politiche di sussidi?

«L’India è un paese vasto, eterogeneo e democratico, in cui è necessario tenere conto di interessi molteplici, ed è qui che entrano in gioco i sussidi. Il panorama linguistico indiano è tra i più diversificati al mondo; ci sono 22 lingue riconosciute (scheduled language) e centinaia di dialetti tribali e regionali parlati in un territorio enorme, a testimonianza della complessità della governance del Paese. Per valutare le riforme (qualità e ritmo) e l’impatto dei sussidi sulla popolazione e sul bilancio dello stato, si possono considerare tre parametri generali. Il primo riguarda il fatto che, poiché una parte consistente del capitale estero arriva in India attraverso i mercati azionari, spetta al governo e alle imprese compiacere gli azionisti stranieri, per non correre il rischio di deflussi di capitali. Per questo motivo, il governo attua varie riforme, come l’alleggerimento della fiscalità (più recentemente sulle imposte sul reddito e sull’imposta sui beni e servizi) lasciando quindi più denaro nelle mani dei consumatori: quando questi spendono, la domanda interna cresce, favorendo lo sviluppo delle imprese. Il secondo parametro è che se i cittadini giudicano insoddisfacenti le riforme (sia per la qualità, sia per il ritmo), il governo rischia di non essere rieletto (l’India tiene elezioni generali ogni cinque anni) e, dunque, l’esecutivo può perdere il potere. L’attuale amministrazione è al suo terzo mandato, segnale di un ampio sostegno pubblico alla sua agenda di riforme. Il terzo parametro riguarda il deficit fiscale. Il governo adotta una gestione rigorosa, puntando a ridurre il deficit anno dopo anno senza frenare la crescita. Ciò denota una conduzione prudente delle finanze pubbliche: si spende dove è necessario e si tagliano o si razionalizzano le spese non prioritarie. Le opinioni possono differire, ma i risultati citati sono chiari. Siamo soddisfatti del ritmo delle riforme, ma naturalmente c’è un margine di miglioramento».

 

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Pinuccia Parini

Dopo una lunga carriera in ambito finanziario sul lato, sia del sell side, sia del buy side, sono approdata a Fondi&Sicav