Intervista a Marco Pirondini, Senior Managing director, head of Equities, US and Portfolio Manager di Amundi US

Amundi

L’impennata dei tassi statunitensi ha condizionato negativamente l’andamento dell’indice Nasdaq nel 2022. Credete che il calo delle quotazioni abbia scontato a pieno le aspettative sulle intenzioni della Fed?
Marco Pirondini

Molti titoli azionari del NASDAQ rimangono vulnerabili all’aumento dei tassi d’interesse, soprattutto quelli attualmente non redditizi e con prospettive di redditività incerte.

Attualmente, il numero di società quotate in borsa non redditizie, molte delle quali sono quotate al NASDAQ, è a livelli record. Se da un lato il tasso di aumento dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve americana potrebbe diminuire, dall’altro è comunque probabile che i rialzi dei tassi continuino, esercitando una pressione di vendita sulle società che non hanno ancora raggiunto la redditività.

Al momento preferiamo investire in società con utili a breve termine, supportate da modelli di business solidi e da team di gestione pragmatici e che sono valutate a buon mercato rispetto a tali utili.

L’attuale livello di tassi Usa potrebbe mettere in discussione le prospettive di crescita delle società tecnologiche più indebitate? Oltre alla dinamica dei tassi, quali altre variabili potrebbero condizionare l’andamento dell’indice nel 2023?

Oltre ai tassi d’interesse, ci concentriamo su diversi altri aspetti di mercato, tra cui l’inflazione, le fluttuazioni valutarie, l’attività economica complessiva e le valutazioni. L’inflazione, soprattutto quella inattesa, è un fattore negativo per quasi tutte le azioni.

Siamo fiduciosi che il peggio dello shock inflazionistico sia alle spalle. Ma dobbiamo prestare attenzione all’impatto duraturo dell’aumento dei costi dei fattori produttivi, come il lavoro e l’energia. Il dollaro statunitense forte ha rappresentato un elemento di frenata per molte multinazionali con sede negli Stati Uniti, riducendo il livello di vendite fuori degli Usa.

L’indebolimento del dollaro Usa apporterà qualche beneficio ai tassi di crescita dei ricavi dichiarati da queste società nel 2023, contribuendo a compensare parte della prevista diminuzione dell’attività economica. Un rallentamento dell’attività economica complessiva, generalmente espressa in termini di Pil, avrebbe un impatto negativo sulle prospettive del mercato azionario.

Tuttavia, come per l’inflazione, è altrettanto importante considerare le aspettative rispetto ai livelli assoluti. Se la recessione prevista per il 2023 negli Stati Uniti venisse evitata o fosse più lieve e breve del previsto, gli investitori sarebbero incoraggiati a investire in azioni.

Un altro aspetto dell’indice è l’enorme impatto delle “mega-cap” in termini di composizione. Collettivamente, queste aziende hanno rappresentato per anni un trend di crescita secolare. Ma ora sono diventate così grandi che hanno sempre più difficoltà a generare un premio di crescita che sarà ricompensato dal mercato. Per quanto riguarda le società del NASDAQ, ci concentriamo su quelle più consolidate, al di sotto dello status di mega-cap.


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Stefania Basso

Laureata all'Università Statale di Milano, dal 2006 collaboro con Fondi&Sicav. Lunga esperienza nel settore del risparmio gestito come marketing manager presso Franklin Templeton Investments e J.P. Morgan Fleming Am a Milano e a Lussemburgo. Breve esperienza presso Lob Media Relations come ufficio stampa per alcune realtà finanziarie estere. In tutto il mio percorso professionale ho lavorato a stretto contatto con persone provenienti da diverse parti del mondo, che mi hanno permesso di avere un approccio dinamico e stimolante e di apprendere attraverso il confronto con realtà differenti.