A cura del Global Credit Team di Algebris Investments

FMI – Asset USA: fiducia degli investitori in calo 

Le riunioni del FMI della scorsa settimana a Washington DC hanno dipinto un quadro marginalmente positivo sulla politica commerciale degli Stati Uniti. Ma hanno evidenziato crescenti preoccupazioni a medio termine sulla perdita di fiducia negli asset statunitensi, tra scelte politiche caotiche e un’eccezionalità statunitense in declino.

Gli investitori prevedono un miglioramento graduale delle tensioni commerciali legate ai dazi. In particolare dopo che Scott Bessent ha indicato un possibile avvio di de-escalation con la Cina all’inizio della scorsa settimana.

Il mercato prezza una lieve recessione come scenario base, con dati macro USA attesi stabili fino all’estate, ma con un rischio crescente di forte deterioramento successivo, che potrebbe costringere la Fed ad accelerare i tagli dei tassi.

La politica fiscale USA resta fragile: i deficit sono destinati ad aumentare con l’estensione degli sgravi fiscali. E potrebbero salire fino al 10% del PIL in caso di recessione.

L’Europa si trova davanti a un’opportunità storica, favorita da una svolta fiscale trainata dalla Germania. Anche se gli investitori restano scettici sulla capacità della regione di sfruttarla appieno.

La perdita di fiducia nell’attuale amministrazione USA, e negli asset statunitensi, viene considerata strutturale. I flussi si stanno progressivamente spostando verso il resto del mondo, in particolare verso l’Europa. Mentre il Dollaro USA è atteso in ulteriore indebolimento.

Le discussioni su Russia/Ucraina si sono concentrate sull’ipotesi di un disimpegno americano dai negoziati, alimentato dalla crescente frustrazione verso Kiev. Questo scenario lascerebbe vulnerabili le infrastrutture critiche ucraine.

Le probabilità di un accordo a breve sono giudicate basse, sebbene la situazione evolva rapidamente, con un incontro tra Trump e Zelensky avvenuto a Roma nel fine settimana. Le opinioni sui mercati emergenti appaiono divise: da un lato, un dollaro più debole offre supporto. Dall’altro, la ciclicità dell’asset class aumenta i rischi in un contesto di rallentamento globale.

USA – Tra tensioni e Fed

Le tensioni sulle prossime mosse dell’amministrazione USA rimangono elevate. Lunedì scorso, gli asset statunitensi hanno subito pressioni a causa dei timori su un possibile licenziamento del presidente della Fed, Powell. Trump ha chiarito che il licenziamento di Powell non è una priorità.

Il commercio rimane al centro della discussione, con le riunioni del FMI a Washington che hanno portato un tono leggermente più conciliante da parte del Segretario al Tesoro Bessent e del Presidente del CEA Miran.

Cina e Stati Uniti sembrerebbero avviarsi verso misure di de-escalation graduale. Ma non si intravedono contatti diretti tra i vertici. Secondo i funzionari statunitensi, gli accordi commerciali con Paesi diversi dalla Cina richiederanno mesi.

Se l’attuale situazione di stallo non dovesse risolversi durante la fase di negoziazione, gli asset di rischio potrebbero subire un ulteriore ribasso, poiché l’attuale serie di restrizioni commerciali risulta più dannosa per la macroeconomia globale rispetto a quanto prezzato dal consensus. 

BCE – Segnali dovish

La BCE sta diventando più dovish a causa delle tensioni commerciali. Dopo la riunione del 17 aprile, la scorsa settimana si è assistito a una serie di interventi in occasione delle riunioni del FMI a Washington.

Rehn e Lane, esponenti del “consensus” centrista, hanno ventilato l’ipotesi di un taglio di 50 punti base a giugno. Holzmann, uno dei principali “falchi” del Consiglio direttivo, ha sottolineato l’impatto disinflazionistico dei dazi sull’Europa.

La Presidente Lagarde ha ripreso entrambi i messaggi. Considerando il nuovo contesto e la forza dell’euro, si aprono rischi al ribasso sulle previsioni di crescita e inflazione pubblicate a marzo. Ci aspettiamo che i toni e la politica continuino a essere improntati al dovish.


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Redazione

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