Come farà la Fed a mantenere in equilibrio il suo bilancio senza provocare un collasso del mercato obbligazionario? Didier Saint George, managing director e membro del comitato strategico di Carmignac

In un mondo caratterizzato da un’enorme liquidità e limitate opportunità di crescita, non sorprende una concentrazione molto forte dell’alfa in pochi titoli e in un numero limitato di fattori: essenzialmente growth e momentum. Questo sviluppo è apparso peraltro particolarmente intenso nel 2019, non a caso un anno di svolta nella politica monetaria, dove Apple e Microsoft sono salite rispettivamente di oltre l’82% e il 55%. Da soli questi due colossi, rispettivamente il secondo e terzo titolo per capitalizzazione a livello globale dietro solo il gigante petrolifero saudita Aramco recentemente quotato, hanno fornito circa il 15% dei guadagni dell’S&P 500 l’anno passato.
Continuità o rotazione settoriale?
A questo punto il sentiero che si ha di fronte può essere interpretato in due maniere praticamente opposte: una nel segno della continuità a livello equity rispetto a quanto visto finora, l’altra sulla linea di un’importante rotazione settoriale e geografica. Nel primo caso a diventare il terreno di sfogo delle tensioni e contraddizioni attuali potrebbero essere un obbligazionario caratterizzato da rinnovata volatilità e il mercato dei cambi. Molto interessante appare al proposito il ragionamento di Didier Saint-Georges, managing director e membro del comitato strategico di investimento di Carmignac: «È probabile che in questo processo gli Usa possano fare molto di più e prima dell’Europa, nonostante l’indebitamento e i deficit di bilancio e commerciale siano peggiori dei nostri. Peraltro gli investitori obbligazionari di tutto il mondo sono sempre meno disposti a sovvenzionare gli Stati Uniti. Ma la Fed avrà un margine di manovra ben maggiore per finanziare queste spese. Il finanziamento di un deficit di bilancio da parte di una banca centrale sarà l’unico modo per sostenere le misure di stimolo fiscale senza provocare un collasso obbligazionario.
Poiché gli Stati Uniti agiranno per primi, inizialmente il dollaro potrà subire un calo di fiducia a vantaggio dell’oro. L’adozione di piani di rilancio dovrebbe tradursi in un aumento dei tassi, ma le banche centrali scongiureranno un crollo dei mercati obbligazionari.
Spazio alla gestione attiva
Dovrebbe perciò esserci spazio per una gestione attiva, capace di fare leva sulla rinnovata volatilità dell’obbligazionario. I mercati azionari si orienteranno dove la crescita sarà più forte, favorendo ancora una volta gli Stati Uniti. Tutto ciò non avverrà in modo tranquillo a causa delle tensioni sui mercati obbligazionari e valutari. Raccomandiamo ancora prudenza in previsione di una ripresa della volatilità e rigore nella selezione delle azioni. Le valutazioni sono già alte e una gestione passiva basata sul proseguimento di una fase toro universale potrebbe rivelarsi deludente. Per il momento la speranza predominante è che il cammino economico degli ultimi 10 anni per la terza volta si sia salvato in extremis. Tenuto conto della posta in gioco, è opportuno giocare d’anticipo».
Redazione
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