Nel panorama delle reti italiane, certamente Banca Mediolanum è quella che ha puntato prima di tutte le altre e con maggiore convinzione sul settore previdenziale. A dimostrarlo sono sicuramente i numeri e la quantità di prodotti offerti. Per questo motivo valeva la pena intervistare la società della famiglia Doris e farsi raccontare la loro esperienza.  A rispondere alle domande di Fondi&Sicav è Edoardo Fontana Rava, direttore servizi di investimento e assicurativi di Banca Mediolanum.

Finora le reti hanno abbastanza trascurato i prodotti previdenziali. È così anche per voi?

«I prodotti previdenziali non sono mai usciti del tutto dal radar delle banche reti, ma è pur vero che questi strumenti storicamente hanno occupato posizioni secondarie rispetto ad altri prodotti di investimento, come i fondi comuni, le polizze assicurative di risparmio e i servizi di gestione patrimoniale. Le principali motivazioni possono essere ricondotte a due fattori: molti clienti, soprattutto quelli più giovani, non avvertono il bisogno previdenziale come imminente e tendono a rimandare, dando maggiore priorità a esigenze finanziarie più immediate. Inoltre, i prodotti finanziari tradizionali, come fondi, unit linked e Gp, per loro natura, offrono un ritorno più tangibile e immediato, confermando la percezione che la previdenza sia un impegno di lungo periodo con benefici differiti».

Quale è stato il vostro impegno in questo comparto?

«Secondo le ultime rilevazioni di Assoreti, Banca Mediolanum occupa la posizione di leader di mercato con oltre 10,1 miliardi di euro di masse sui prodotti di previdenza complementare, staccando il secondo player del 300%. Questo risultato è frutto di un approccio olistico alla consulenza. Per noi i bisogni dei clienti vanno analizzati nella loro complessità, abbracciando tutte le esigenze, da quelle previdenziali, alla protezione, fino alla pianificazione successoria. In sintesi, la previdenza complementare è tanto importante quanto difficile da attuare e più di molte altre forme di investimento presuppone un percorso informativo, formativo e consulenziale che può contemplare l’assistenza di un consulente. Tuttavia, rispetto al passato, oggi osserviamo una maggiore presa di coscienza sull’urgenza e la necessità di pianificare la vita post-lavorativa, complice una crescente consapevolezza della tenuta del sistema pensionistico pubblico, preoccupazione che i consulenti finanziari più attenti colgono, inserendo la previdenza nella pianificazione finanziaria complessiva. Un altro elemento da non trascurare è il proliferare di simulazioni, facilmente accessibili in rete, sempre più chiare, immediate e accurate, oltre all’integrazione con strumenti fintech che aiutano i clienti a prendere decisioni consapevoli».

Quali caratteristiche deve avere secondo voi un prodotto previdenziale?

«Un punto fermo in questo contesto riguarda la natura della previdenza complementare. Non si tratta di un prodotto finanziario come gli altri, che necessita di una revisione annuale o di qualche altro cambiamento per continuare a essere nuovo e di appeal. Vista la sua peculiarità, deve essere chiaro, semplice e collegato al ciclo di vita del cliente, come tra l’altro più volte sottolineato da Covip. Il vero nodo rimane la diffusione di una maggiore educazione finanziaria per sensibilizzare le persone che il tempo è un fattore chiave nella costruzione di una pensione integrativa efficace. Un corretto progetto previdenziale inizia il primo giorno di lavoro e si sviluppa ed evolve nel tempo».

Avete soluzioni specificamente previdenziali o pensate che un piano previdenziale possa alla fin fine essere fatto anche con prodotti tradizionali o formule come i Pac?

«Banca Mediolanum propone i Pip, ossia soluzioni in grado di integrare la pensione pubblica, di investire al meglio il proprio Tfr, godendo al contempo di tutti i vantaggi fiscali propri della tipologia di prodotto. Attenzione, però, a non farsi fuorviare dall’idea che l’investimento in un prodotto previdenziale sia la panacea. La regola d’oro rimane sempre la stessa: diversificare, anche per strumenti. Ma andiamo al nocciolo della questione. Piani pensionistici e Pac hanno punti in comune: entrambi investono a rate, nel lungo periodo e solitamente sul mercato azionario. Tuttavia, si discostano per alcune differenze.  Ad esempio, i prodotti previdenziali offrono un importante e tangibile vantaggio fiscale (si possono dedurre fino a 5.164,57 euro all’anno dal reddito imponibile), ma sono anche vincolati fino all’età pensionabile, salvo alcune eccezioni, come le spese sanitarie, l’acquisto della prima casa e altre necessità primarie. Un ottimo Pac, invece, potrebbe essere effettuato su un fondo Pir, per sua natura sempre liquidabile, che, dopo cinque anni, presenta, inoltre, il beneficio della totale esenzione della tassazione sulle plusvalenze (holding period per ogni versamento). In linea generale, previdenza e Pac sono accomunati dalla metodologia. In primo luogo, entrambi riducono il rischio di timing adottando un approccio di Dollar cost averaging. In secondo luogo, automatizzando gli investimenti, contengono il rischio dell’emotività che porta con sé panico nei momenti di forte ribasso del mercato e, soprattutto, sviluppano un’abitudine al risparmio e all’investimento regolare. Terzo, investendo sui mercati azionari, storicamente godono di rendimenti sempre molto importanti, massimizzando l’effetto di capitalizzazione composta degli interessi. Per tutte queste ragioni sono le soluzioni ideali per giovani e piccoli risparmiatori, perché i piani possono essere avviati anche con piccoli investimenti iniziali. In sintesi, la previdenza non è riconducibile a un prodotto, ma si compone di una combinazione di soluzioni dove in ogni caso i Pip o i fondi pensione rimangono un pilastro imprescindibile».


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Redazione

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