L’indice PCe core Usa si attesta al 2,9% ma il contributo dei beni solidi si ferma allo 0,3%. L’analisi a cura dell’economic team di Payden & Rygel

La scorsa settimana, la Federal Reserve ha effettuato il primo taglio del 2025, riducendo il tasso d’interesse di riferimento di 25 punti base. Durante la conferenza stampa post-riunione, il presidente Powell ha evidenziato come la persistenza dell’inflazione e l’aumento della disoccupazione rappresentino una combinazione di fattori in grado di rallentare il percorso di allentamento monetario.
Secondo la nostra analisi, la debolezza del mercato del lavoro dovrebbe favorire una progressiva decelerazione dei prezzi dei servizi, attenuando i rischi di nuove pressioni inflazionistiche. È vero che, come sottolineato da Powell, lo scorso luglio l’indice PCE core si attestava al 2,9% su base annua, lo stesso livello del dicembre 2024. Tuttavia, i beni hanno contribuito per 0,3 punti percentuali all’aumento dell’indice, mentre i servizi, abitativi e non, hanno fornito un contributo negativo di pari entità, bilanciando l’incremento dei beni.
Se il rincaro di questi ultimi fosse riconducibile principalmente ai dazi e fosse destinato a rientrare nel corso del 2026, e se un mercato del lavoro più morbido dovesse tradursi in minori pressioni sui prezzi dei servizi, l’inflazione complessiva potrebbe moderarsi ulteriormente. Dopo anni di dinamiche inflazionistiche sostenute, un contesto di questo tipo costituirebbe un segnale positivo per i mercati e per gli investitori.
Redazione
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