A colloquio con Colm Drosario, deputy head of Em fixed income, Amundi, che fa il punto della situazione sul variegato universo obbligazionario emergente

Quali sono i fattori che hanno penalizzato la performance dei bond emergenti negli ultimi mesi?
Il conflitto tra Russia e Ucraina ha determinato un contesto di incertezza sulle prospettive dei mercati emergenti e dei titoli EM in generale, soprattutto a fronte di rischi presenti già prima della crisi, ossia l’aumento dell’inflazione e l’inasprimento delle condizioni finanziarie. Il conflitto pesa in misura significativa sui prezzi delle materie prime, dato che la Russia è uno dei maggiori esportatori mondiali di cereali, fertilizzanti, metalli, petrolio e gas.
A causa dell’incertezza sull’evoluzione della crisi, è diventato più difficile prevedere quale sarà l’impatto sui fondamentali macroeconomici, ma ci aspettiamo un contesto avverso alla crescita.
Tuttavia, ciò non avverrà in modo omogeneo in tutto il mondo; nei paesi EM ci aspettiamo una maggiore frammentazione tra paesi e regioni. Inoltre, le prospettive di maggiore inflazione, in un momento in cui molte banche centrali nei paesi emergenti stavano giungendo alla fine della fase di stretta monetaria, aumenterà la probabilità di un suo ulteriore prolungamento e metterà in discussione le prospettive per i paesi con un debito più elevato e un minor spazio di manovra per la spesa pubblica.
Un altro fattore da prendere in considerazione è la liquidità, che si è deteriorata non solo nell’ambito dei titoli obbligazionari EM, ma in generale tra le varie classi di attivo. Sebbene non vediamo un rischio significativo di una crisi di liquidità, restiamo vigili e manteniamo riserve di liquidità nei nostri portafogli per gestire tali rischi.

Quale asset allocation per regioni/paesi/scadenze/rating state prediligendo e quale evoluzione ritenete sia plausibile nei prossimi mesi per l’universo delle obbligazioni emesse dai paesi emergenti?
A livello di regioni geografiche, l’aumento dei prezzi delle materie prime dovrebbe sostenere i paesi esportatori. Questi paesi stavano già beneficiando di prezzi delle materie prime più elevati e il successivo aumento a causa del conflitto ha prodotto un’ulteriore spinta.
Dall’altra parte, i paesi importatori netti di energia/materie prime stanno subendo uno shock esterno e un deterioramento fiscale (elevati costi delle importazioni e delle sovvenzioni per l’energia), così come altri paesi vulnerabili con un debito elevato e basse riserve valutarie.
Crediamo che un approccio relative value sia per i paesi esportatori che per i paesi importatori di materie prime sia fondamentale per generare alfa nei mercati emergenti.
In questo contesto privilegiamo l’America Latina poiché non solo è la regione meno esposta a livello commerciale alla zona di conflitto, ma beneficia anche di una correlazione positiva al ciclo delle materie prime attraverso il petrolio, i metalli industriali e i prodotti agricoli. Un’altra regione che potrebbe trarre vantaggio dalla situazione attuale è il Medio Oriente, in cui gli emittenti potrebbero beneficiare dell’aumento dei prezzi del petrolio.
Nel frattempo, l’Asia potrebbe dimostrarsi resiliente fintanto che le due principali economie, India e Cina, riusciranno a navigare nel difficile contesto geopolitico e a riprendersi dai prolungati lockdown e dal recente “travaglio” nel settore immobiliare cinese. In passato la Cina si è dimostrata più resiliente alle possibili ricadute economiche causati da questo tipo di eventi globali. Nell’ambito del debito sovrano dei mercati emergenti, privilegiamo il debito in valuta forte dopo l’ultimo movimento nella curva dei titoli di stato statunitensi.
A fronte di prezzi del petrolio elevati (continuiamo ad avere un bias per gli esportatori high yield rispetto a quelli investment grade), di prospettive di crescita più incerte e di un’elevata inflazione che esercita una pressione sul quadro fiscale in diversi paesi, la selezione diventa fondamentale. Per il momento restiamo neutrali rispetto agli asset dei mercati emergenti in valuta locale e cauti nei confronti dei tassi di cambio, anche se questo potrebbe cambiare nel caso in cui l’attuale forza del dollaro dovesse venire meno. Preferiamo i paesi in cui i cicli di stretta monetaria stanno per concludersi o sono prossimi al picco, e in cui i tassi reali sono tornati in territorio positivo, come la Cina (in allentamento monetario rispetto al 2021).
I titoli corporate dei mercati emergenti si sono dimostrati più resilienti rispetto al debito sovrano durante la fase di sell-off. Pur mantenendo un atteggiamento cautamente ottimista, riteniamo che le imprese dei paesi emergenti offrano opportunità diversificate tra settori, paesi ed emittenti. Nel complesso, i fondamentali dell’universo corporate rimangono attraenti e ci aspettiamo che la tendenza alla riduzione della leva finanziaria del 2021 vada a beneficio delle imprese nel 2022, ma con una certa moderazione considerate le circostanze. Ci aspettiamo inoltre valutazioni interessanti nel medio termine, con buone opportunità di reinvestimento nei mercati. Tuttavia, la selettività rimane un fattore chiave poiché non si può escludere un deterioramento dei fondamentali per alcuni settori e paesi.
Rocki Gialanella
Laurea in Economia internazionale presso l’Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’. Ho abbracciato il progetto FondiOnline.it nel 2001 e da allora mi sono dedicato allo sviluppo/raggiungimento del target che ci eravamo prefissati: dare vita a un’offerta informativa economico-finanziaria dal linguaggio semplice e diretto e dai contenuti liberi e indipendenti. La storia continua con FONDI&SICAV.

