A colloquio con Mauro Ratto, Co-Founder e Co-Cio di Plenisfer Investments SGR
Quali opportunità offrono gli investment grade corporate bond in questa fase di mercato?

Il 2025 si avvia a conclusione con gli spread di credito ormai prossimi ai minimi degli ultimi 10 anni. Le opportunità, dunque, sono limitate. Il rendimento a scadenza (yield to maturity) dell’indice corporate IG in euro è di circa il 3,1%. Lo spread, vale a dire il rischio di credito, spiega poco più del 25% del rendimento totale.
In buona sostanza, gli investitori non sono compensati adeguatamente per prendere rischio di credito a questi livelli e la componente principale di rendimento deriva dai tassi di interesse e non dallo spread di credito.
Il nostro obiettivo in questa congiuntura è ricercare un rendimento sensibilmente superiore a quello dei titoli governativi controllando la volatilità dei prezzi.
Nei mesi recenti la ricerca di rendimento da parte degli investitori ha favorito una compressione degli spread tra corporate con rating BBB e bond con rating A, riducendo il differenziale di rendimento a pochi punti base.
In questa situazione può essere conveniente aumentare la qualità del merito di credito medio guardando a quelle singole emissioni (singole A) che offrono rendimenti molto simili alle BBB: pensiamo, ad esempio, a specifiche emissioni bancarie senior preferred, ossia i bond più senior nella capital structure delle banche.
Spread ai minimi anche per le obbligazioni bancarie subordinate (AT1) e per i titoli ibridi in settori quali telefonia, energia e utilities. In termini di merito di credito ci riferiamo a obbligazioni “crossover”, ossia a cavallo tra investment grade e high yield.
Riguardo ai contingent convertible bancari (AT1) raccomandiamo prudenza, preferendo banche di qualità ed emissioni con call a breve termine (2‑3 anni) e reset della cedola elevati, allo scopo di massimizzare la probabilità di richiamo dei bond e di minimizzare la volatilità di prezzo in caso di allargamento degli spread o di mancato richiamo.
Con la stessa logica guardiamo a titoli ibridi. Una strategia di questo tipo consente di ottenere uno spread significativo senza aumentare eccessivamente il rischio.
Quali sono le variabili che potrebbero influenzare l’andamento dell’asset class nei prossimi semestri?
La visibilità sui tassi europei, unita a una ripresa dell’economia dell’area, dovrebbe consentire ai portafogli obbligazionari di realizzare il proprio carry, ossia il rendimento implicito nel portafoglio a un anno. La ripresa europea potrebbe favorire anche una marginale riduzione degli spread.
Un approccio attivo consente di combinare gli elementi di “qualità” del portafoglio di cui sopra con una componente più opportunistica. E, ove possibile, di rischio idiosincratico nel comparto high yield, anche estendendo l’investimento a geografie alternative come i Paesi emergenti.
Il contesto high yield non è privo di rischi. Spread compressi e default ai minimi possono dare un’impressione di sicurezza, spesso però frutto della crescita esponenziale del mercato del private debt, che sfiora i due trilioni di dollari. La necessità di allocare questi fondi aumenta i rischi di compromessi sulla qualità delle aziende finanziate e del loro management.
In questo contesto emergono esempi come First Brands, con pratiche opache di gestione del passivo e operazioni di uptiering, e la ristrutturazione del debito di Ardagh Group, che ha sovvertito l’ordine di priorità tra equity e debito.
Anche l’anomala crescita delle dividend recap – finalizzate a generare cassa per gli azionisti – segnala potenziali criticità. Questo non significa che non esistano opportunità selettive nell’high yield, ma per trovarle serve una gestione attiva, guidata da analisi dei covenant, trasparenza dei bilanci e qualità del management.
La traiettoria delle banche centrali resta il driver principale. Tassi “più alti per più tempo” possono pesare sui prezzi dei bond a lunga scadenza, mentre un ciclo di tagli graduale favorirebbe l’intero comparto. In particolare, un’inflazione più persistente del previsto manterrebbe elevati i tassi e un rallentamento economico potrebbe allargare gli spread. l rifinanziamento del debito a costi più elevati può creare pressioni, soprattutto nei settori capital intensive.
Come già detto, la qualità dei bilanci è cruciale: l’analisi bottom-up dei singoli emittenti sarà determinante per selezionare opportunità solide.
Stefania Basso
Laureata all'Università Statale di Milano, dal 2006 collaboro con Fondi&Sicav. Lunga esperienza nel settore del risparmio gestito come marketing manager presso Franklin Templeton Investments e J.P. Morgan Fleming Am a Milano e a Lussemburgo. Breve esperienza presso Lob Media Relations come ufficio stampa per alcune realtà finanziarie estere. In tutto il mio percorso professionale ho lavorato a stretto contatto con persone provenienti da diverse parti del mondo, che mi hanno permesso di avere un approccio dinamico e stimolante e di apprendere attraverso il confronto con realtà differenti.


