Euro, cosa ne frena l’ulteriore rafforzamento? Uno dei principali motivi risiede nel differenziale dei tassi d’interesse tra le due sponde dell’Atlantico. L’analisi di Dws

La Banca Centrale Europea (BCE) ha continuato ad allentare la politica monetaria nella prima metà dell’anno, tagliando più volte i tassi di riferimento. Il tasso sui depositi è ora al 2%, mentre l’intervallo dei tassi della Federal Reserve (Fed) resta compreso tra il 3,75% e il 4,00%, nonostante un ulteriore taglio deciso questa settimana. Questo differenziale rende gli investimenti in dollari più attraenti per gli investitori e limita il potenziale di rialzo dell’euro. La pressione potrebbe persistere finché la Fed non adotterà una politica monetaria più espansiva o la BCE non concluderà il proprio ciclo di tagli.
Il secondo fattore è la scarsa performance economica dell’Eurozona
Mentre l’economia statunitense appare solida, quella europea cresce a ritmi modesti. La debolezza degli investimenti e il calo della domanda interna in Europa contrastano con la stabilità dei consumi negli Stati Uniti. Sul mercato valutario, questo divario di crescita favorisce il dollaro e limita la possibilità di un apprezzamento duraturo dell’euro.
Anche i programmi d’investimento annunciati in Germania e in altri Paesi europei non hanno, finora, fornito un reale sostegno. Sebbene miliardi di euro siano destinati nei prossimi anni a infrastrutture e transizione climatica, la maggior parte dei progetti non partirà prima del 2026 e occorrerà tempo perché producano effetti sull’economia. Tuttavia, per i mercati contano gli stimoli di breve periodo. A ciò si aggiunge la frammentazione dei mercati dei capitali europei, che potrebbe rallentare l’attuazione dei progetti. Anche se tali investimenti favoriranno la crescita nel lungo termine, nel breve periodo fattori come il differenziale dei tassi e i rischi geopolitici continueranno a prevalere sull’impatto della politica fiscale sul cambio.
I rischi commerciali e politici aggravano ulteriormente la situazione
I dazi all’importazione annunciati dal governo statunitense penalizzano le prospettive di esportazione delle aziende europee. A questo si sommano le incertezze politiche in alcuni Paesi dell’Unione, che frenano la fiducia nella moneta unica. Questi elementi riducono l’effetto positivo di fattori come l’aumento dei salari reali e degli investimenti pubblici, impedendo che sostengano in modo duraturo l’euro.
Al momento, non vi sono segnali che gli investitori esteri stiano abbandonando i titoli azionari americani a favore dell’Eurozona. L’euro potrebbe ritrovare slancio solo quando la crescita in Europa mostrerà un chiaro miglioramento o la Fed adotterà un allentamento più deciso.
Rocki Gialanella
Laurea in Economia internazionale presso l’Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’. Ho abbracciato il progetto FondiOnline.it nel 2001 e da allora mi sono dedicato allo sviluppo/raggiungimento del target che ci eravamo prefissati: dare vita a un’offerta informativa economico-finanziaria dal linguaggio semplice e diretto e dai contenuti liberi e indipendenti. La storia continua con FONDI&SICAV.

