Le Borse sono in rialzo dal 23 marzo, ma il rally non dovrebbe essere quello definitivo. Stando ai pareri di money manager e analisti per lo meno, alla luce delle performance delle singole aree, è troppo presto per cantare vittoria. Anche perché la situazione economica e dei debiti resta drammatica, nonostante le enormi pezze che autorità monetarie e fiscali stanno mettendo.
Lato finanziario, i titoli value e small cap, che di solito sono i più richiesti durante periodi di ripresa, sono protagonisti in negativo in Borsa. Secondo StyleAnalytics, una società di ricerche, la ripresa in atto è un rimbalzo temporaneo nel mezzo di una fase calante di mercato duratura.
Damian Handzy, il chief commercial officer di StyleAnalytics, e James Monroe, consulente della clientela, scrivono che “è possibile che questa ripresa sia veramente unica”. Il rally in corso
“è alimentato non dalla domanda di mercato e dalle spese al consumo, quanto piuttosto dalle iniezioni di liquidità nei mercati e nei bilanci aziendali di governi e banche centrali”.
Un elemento completamente diverso in questa ripresa
Se fosse questo il caso, quando il mercato inizierà a rimbalzare con forza, i titoli value dovrebbero fare bene. Ma “questo crac di mercato è diverso da tutti gli altri. Due mesi fa chi avrebbe detto che i titoli growth, storicamente volatili, sarebbero diventati difensivi?”
L’unica costante, l’unico fattore di mercato, che ha fatto nettamente e costantemente meglio degli altri sin qui, segnalano gli autori della ricerca, è il “momentum”. È da due anni che capita. E sta succedendo anche durante il rally attuale. “È un elemento molto diverso” dalle altre fasi di ripresa analizzate.
I periodi no sono caratterizzati da fasi di recupero momentaneo. Ma quello che distingue un rimbalzino da una vera ripresa di solo è che i titoli ad elevata volatilità vanno bene e quelli a bassa volatilità molto meno. In questo caso, “le riprese hanno tutte lo stesso aspetto, mentre le fasi ribassiste sono tutte diverse tra loro“.
Sono “idiosincratiche con alcuni fattori distintivi“, dice Handzy. Intervistato da Institutional Investor, Handzy ha citato un pensiero di Leo Tolstoy secondo cui le famiglie felici sono tutte contente allo stesso modo, mentre quelle infelici sono tutte infelici in modi diversi tra loro”.
Dopo la Fed, anche la Bce rincara la dose
Per scongiurare ulteriori danni, le banche centrali stanno ricorrendo all’artiglieria pesante. La Bce è in piena modalità “whatever in takes”. Cambiando temporaneamente le regole sugli “angeli caduti” – da qui a settembre 2021, ha deciso che accetterà anche bond spazzatura (non più investment grade) come collaterale. L’idea è aiutare le banche ad avere accesso a liquidità a basso costo durante la crisi in corso.
La mossa di Christine Lagarde e soci dovrebbe inoltre contribuire a offrire uno scudo all’Italia, placando la tensione sui titoli di Stato. Se S&P Global Rating e altre agenzie di rating dovessero tagliare il giudizio sul credito sovrano italiano a livelli spazzatura (junk), c’è il rischio che fondi e grandi investitori smettano di acquistare Btp. Le banche di casa, che hanno le pance piene di bond governativi nazionali, ne pagherebbero le conseguenze.
La decisione della Bce, approvata durante una conference straordinaria mercoledì scorso, è volta a limitare le complicazioni che potrebbero altrimenti sorgere in caso di vari downgrade dei rating e catena di default possibili nel settore dei bond societari. È una delle cause possibili del lockdown imposto dalle autorità in risposta alla pandemia di Covid-19.
Esplosione dei debiti pubblici
Si stima che corporate bond non finanziari per un totale di $275 miliardi di valore potrebbero perdere la tripla B e diventare “angeli caduti”. Facendo scoppiare una bomba nel giro di un anno. L’Ocse ha lanciato l’avvertimento a febbraio.
Anche il debito dei governi potrebbe diventare presto un problema. Con l’economia in rovina un po’ ovunque, le autorità stanno stampando milioni e milioni per scrivere assegni a famiglie e imprese. Il tutto mentre le entrate tributarie sono al collasso. Con i rapporti tra deficit e Pil visti in aumento nel 2020, il Fondo Monetario Internazionale prevede un debito pubblico in crescita di 6 mila miliardi a quota 66 mila miliardi quest’anno. Si tratterebbe del 122% del Pil (contro il 105% precedente).
Per l’FMI siamo nel bel mezzo di una crisi come nessun’altra, che richiede pertanto risposte nuove. Alla luce dell’andamento recent dei mercati, si potrebbe aggiungere anche che la ripresa è e sarà diversa da tante altre. E pertanto richiede risposte diverse da parte di investitori e gestori.
Daniele Chicca
Laureato in lingue e letterature straniere all'Università di Bologna, con un anno presso la UCL di Londra, è giornalista professionista dal 2007. Partendo da Reuters si è con il tempo specializzato in finanza, economia e politica. Grazie a competenze SEO e social, ha contribuito a portare a un incremento del traffico progressivo sul sito Wall Street Italia (in qualità di responsabile editoriale). È stato inviato da New York per Radio Rai e per varie agenzie stampa, tra cui AGI e TMNews (ex Apcom). Al momento si occupa della strategia di comunicazione di alcune startup svizzere specializzate in crypto, FinTech, materie prime e mondo del lavoro.

