I dazi stessi e il loro effetto sull’economia stanno avendo un impatto più lento del previsto. L’argomentazione secondo cui i dazi non hanno alcun costo è errata. Tryggvi Gudmundsson, Economista di Capital Group

L’aliquota tariffaria realmente pagata è solo dell’11% circa oggi
Le aziende stanno utilizzando ogni tipo di metodo per ritardare o evitare il danno, tra cui l’anticipo dei dazi, l’utilizzo di vari espedienti burocratici per evitare il pagamento e il reindirizzamento del commercio. C’è ancora un divario tra l’aliquota legale del 17% circa e quella effettivamente pagata dalle aziende, che è più vicina all’11%. Tuttavia, una volta esaurite tutte le scorte pre-tariffarie e adeguate le relazioni commerciali al nuovo regime, sembra probabile un livello del 15%.
L’impatto macroeconomico era prevedibile
Nella prima metà dell’anno si è registrato un significativo indebolimento della crescita del prodotto interno lordo (PIL), in gran parte attribuibile alle turbolenze legate ai dazi e al commercio. Le stime di consenso per il PIL dell’intero anno sono ora inferiori di circa 0,6 punti percentuali rispetto a quelle formulate nel periodo precedente al Liberation Day. Ci sono molti altri fattori che influenzano la crescita del PIL, ma riteniamo che gran parte del ribasso sia dovuto all’incertezza che circonda il commercio.
Per quanto riguarda l’inflazione, è ragionevole attribuire almeno qualche decimo di punto percentuale dell’attuale inflazione del 2,9% agli effetti cumulativi dei dazi. Riteniamo che gran parte dell’aumento dell’inflazione sia legato ai dazi, il che significa che probabilmente non siamo così lontani dalle stime approssimative.
Non abbiamo ancora osservato il pieno effetto di un aumento graduale dei prezzi
Non abbiamo ancora osservato il pieno effetto di questo aumento graduale dei prezzi e le scorte continuano a diminuire, consentendo alle aziende di trasferire gradualmente i costi delle tariffe sui consumatori. Alcune aziende stanno ritardando gli aumenti dei costi, sperando che le tariffe si rivelino temporanee.
A nostro avviso, nessuno di questi punti preannuncia una recessione imminente. Le importazioni di beni rappresentano solo l’11% del PIL statunitense, quindi probabilmente ci vorrebbe qualcosa di simile a “Liberation Day: Part 2” per affondare davvero l’economia statunitense. Tuttavia, ciò significa che sia l’inflazione che la crescita stanno andando nella direzione sbagliata. È difficile determinare l’impatto esatto sui prezzi al consumo, poiché l’indebolimento generale dell’economia sta spingendo l’inflazione nella direzione opposta. Ciò potrebbe consentire ad alcuni esperti di sostenere che i dazi non aumentano i prezzi. Tuttavia, l’impatto è ancora presente nei dati sottostanti e dovrebbe destare preoccupazione nei funzionari della Federal Reserve, poiché aumenta la pressione per un taglio dei tassi di interesse.
I negoziati commerciali sono in corso
È già noto che i negoziati commerciali e sui dazi torneranno alla ribalta il prossimo anno durante la rinegoziazione dell’accordo commerciale tra Stati Uniti, Messico e Canada. Sia il Messico che il Canada si stanno preparando a tale evento con una certa apprensione. Uno degli obiettivi principali degli Stati Uniti sarà quello di convincere sia il Messico che il Canada ad allinearsi all’aumento dei dazi doganali nei confronti della Cina.
Nel 2026, le questioni relative alla Fed, ai tassi di interesse e alla politica fiscale saranno probabilmente più importanti del commercio e dei dazi, soprattutto con l’avvicinarsi delle elezioni di medio termine. Tuttavia, ci aspettiamo che il commercio rimanga al secondo posto, piuttosto che diventare una questione “risolta” da lasciarsi alle spalle.
La globalizzazione sta subendo profondi cambiamenti
La globalizzazione non sta terminando, ma sta cambiando in modi che non vedevamo da decenni. Le linee di approvvigionamento vengono ridisegnate, le regole riscritte e i costi delle attività commerciali aumentano.
Negli anni a venire, i beni fisici potrebbero non circolare più liberamente come un tempo. Potrebbe esserci un approccio più regionale al libero scambio, con blocchi commerciali più piccoli. La realtà è che probabilmente non sapremo esattamente come sarà il nuovo consenso per un po’ di tempo.
Rocki Gialanella
Laurea in Economia internazionale presso l’Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’. Ho abbracciato il progetto FondiOnline.it nel 2001 e da allora mi sono dedicato allo sviluppo/raggiungimento del target che ci eravamo prefissati: dare vita a un’offerta informativa economico-finanziaria dal linguaggio semplice e diretto e dai contenuti liberi e indipendenti. La storia continua con FONDI&SICAV.

