Lizzy Galbraith, Economista politica di aberdeen Investments

A un anno dalla rielezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti e dopo l’annuncio di un accordo quadro tra Stati Uniti e Cina la scorsa settimana, riteniamo che il picco di incertezza sui dazi sia ormai passato, ma permangono notevoli fonti di incertezza residua che potrebbero compromettere l’attuale equilibrio tariffario.
In primo luogo, l’azione legale in corso relativa all’uso da parte del presidente Trump dell’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA). Le udienze si terranno presso la Corte Suprema a partire dal 5 novembre e la sentenza è prevista per l’inizio del 2026.
Se la Corte dovesse pronunciarsi contro l’amministrazione Trump – attualmente con una probabilità del 64% secondo Polymarket – la politica tariffaria degli Stati Uniti rischia di diventare più volatile nel corso del 2026, poiché il presidente tenterà di ricostruire la sua politica tariffaria ricorrendo a misure alternative.
Riteniamo che il presidente disponga di opzioni sufficienti per ripristinare l’attuale aliquota tariffaria ponderata del 16%, ma ciò comporterebbe probabilmente una combinazione di misure di facile attuazione ai sensi della Sezione 122 o della Sezione 338 e un’estensione delle tariffe settoriali che richiedono indagini complesse nell’arco di diversi mesi. Di conseguenza, l’incertezza tariffaria aumenterebbe a seguito di una sentenza contraria all’IEEPA.
In secondo luogo, la politica estera degli Stati Uniti potrebbe rivelarsi una fonte di incertezza tariffaria. Trump ha dimostrato la sua disponibilità a imporre dazi in risposta a questioni non commerciali, tra cui le controversie con il Brasile sul processo all’ex presidente Bolsonaro e con l’India sull’acquisto di petrolio russo.
Infatti, i continui sforzi di Trump per concordare un cessate il fuoco tra Russia e Ucraina potrebbero ancora portare alla minaccia e all’applicazione di dazi secondari nei confronti degli acquirenti di materie prime russe, tra cui Cina e Turchia, oltre all’India.
In terzo luogo, esiste il rischio che gli accordi commerciali e tariffari già annunciati da Trump si rivelino meno duraturi del previsto.
Nel corso di quest’anno, gli Stati Uniti e la Cina hanno spesso fatto annunci che incidono sulle relazioni commerciali tra i due paesi, in particolare per quanto riguarda la tecnologia avanzata e le terre rare. La continua competizione geopolitica tra i due paesi aumenta la possibilità di un’escalation di ritorsioni, nonostante il recente accordo quadro.
Anche i negoziati USMCA potrebbero intensificarsi nel corso del 2026, con Messico e Canada che attualmente si trovano ad affrontare prospettive tariffarie diverse. Le trattative commerciali tra Stati Uniti e Canada sono attualmente in sospeso, mentre quelle con il Messico sono state prorogate.
Anche altri paesi potrebbero adottare misure che potrebbero acuire le tensioni commerciali con gli Stati Uniti, mettendo a rischio gli accordi attuali. Ad esempio, l’Assemblée Nationale francese potrebbe raddoppiare l’imposta sui servizi digitali portandola al 6%, una mossa fortemente osteggiata dagli Stati Uniti.
Infine, è probabile che vengano annunciate ulteriori tariffe settoriali, indipendentemente dall’esito dell’IEEPA. Sono in corso analisi su semiconduttori, minerali critici, aeromobili commerciali, turbine eoliche, apparecchiature mediche e polisilicio. Anche le tariffe applicate su acciaio, rame e alluminio hanno subito modifiche nel corso della loro attuazione.
Sebbene non abbiano necessariamente un impatto significativo sull’aliquota tariffaria ponderata complessiva, le tariffe settoriali potrebbero comunque avere conseguenze rilevanti in alcuni settori.
Redazione
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