Sul versante dei rischi si impone un’attenzione particolare per l’evoluzione dell’inflazione e del valore dell’usd. Maurizio Grassi, gestore azionario Fideuram Asset Management SGR

 

In una fase in cui si discute molto degli elevati livelli di valutazione raggiunti da alcuni indici azionari, i mercati di frontiera presentano valutazioni meno care. Parallelamente al ratio P/e, quali sono a vostro giudizio i fattori che rendono l’asset class appetibile?

 

Le valutazioni a sconto, come il più basso rapporto di P/E, in realtà, testimoniano di una composizione settoriale specifica dei mercati di frontiera in cui i settori a più alta intensità di innovazione come l’IT, i social media e l’e-commerce, che negli ultimi anni hanno beneficiato di una forte espansione dei multipli, rivestono un peso decisamente più basso rispetto a indici omologhi dei mercati sviluppati.

 

Questa diversa penetrazione dei settori più innovativi rappresenta però un’opportunità in termini di tassi di crescita futuri che è lecito attendersi in media più elevati. Inoltre, la maggior integrazione dei mercati mondiali da un lato e lo spostamento su segmenti merceologici a più alto valore aggiunto di alcuni paesi emergenti come la Corea del Sud e la Cina dall’altro, consente di far ricoprire a paesi come il Vietnam il ruolo svolto proprio dalla Cina 15 anni fa.

 

Un secondo elemento da evidenziare è lo sviluppo demografico decisamente elevato che caratterizza questi paesi; si consideri che circa il 40% della fascia di popolazione tra i 15 ed i 24 anni risiede proprio in queste aree geografiche e che rappresenta la prossima generazione di consumatori.

Bassi livelli di capitalizzazione, instabilità politica, valute inclini alla volatilità estrema o alla svalutazione rappresentano alcuni elementi di rischio per coloro che investono nell’asset class. In questa fase di mercato quale fattore di rischio ritenete più pericoloso?

 

I fattori di rischio più rilevanti che questi paesi devono affrontare sono l’instabilità valutaria, l’instabilità politica e la volatilità dei prezzi delle materie prime di cui molti paesi dell’area sono esportatori.

In genere la prima risulta essere la più delicata perché può comportare crisi repentine che in alcuni casi arrivano al blocco dei movimenti di capitale e all’impossibilità per investitori esteri di rimpatriare i propri investimenti.

 

Ad oggi però il contesto sembra favorevole sia per l’abbondante liquidità presente nel sistema a seguito della compressione dei tassi di interesse in USA e alle operazioni di QE da parte delle principali banche centrali sia perché i livelli di indebitamento in valuta estera di questi paesi sono in media storicamente bassi.

 

Al miglioramento delle finanze pubbliche ha contribuito anche il ciclo favorevole delle materie prime che sta conoscendo una forte crescita grazie alla ripresa del settore manifatturiero mondiale dopo lo stop imposto alle attività nel 2020 dovuto alla pandemia.

 

Favorevole anche la stabilità del dollaro che non penalizza i paesi in via di sviluppo indebitati in tale valuta. Tuttavia, una possibile recrudescenza del virus che portasse ad un flight to quality sul dollaro, oppure all’opposto, un aumento repentino dell’inflazione che provocasse una salita forte dei tassi di interesse e un rafforzamento della divisa americana rischierebbero di cancellare questo quadro nel complesso favorevole.

 


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Rocki Gialanella

Laurea in Economia internazionale presso l’Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’. Ho abbracciato il progetto FondiOnline.it nel 2001 e da allora mi sono dedicato allo sviluppo/raggiungimento del target che ci eravamo prefissati: dare vita a un’offerta informativa economico-finanziaria dal linguaggio semplice e diretto e dai contenuti liberi e indipendenti. La storia continua con FONDI&SICAV.