L’outlook del team di Schroders: potenzialità ulteriori per gli hyperscaler, prudente però diversificare e tenere d’occhio l’inflazione

L’outlook per il 2026 da parte del Gruppo Schroders ha evidenziato alcuni elementi interessanti che per certi versi vanno fortemente in controtendenza rispetto al consensus attuale degli investitori. Innanzitutto è interessante notare come nell’immediato, nonostante le tensioni sul fronte IA e mercato del lavoro, il quadro statunitense non sembra per Johanna Kyrklund, Chief Investment Officer della società puntare a una recessione:” Per il 2026, vediamo un basso rischio di recessione, rendimenti obbligazionari contenuti e uno slancio degli utili che ci porta a rimanere positivi”.
L’area dove però Kyrklund vede potenziale buriana è da ricercarsi nell’andamento dei prezzi:” Nel medio termine, mi preoccupano l’aumento del debito pubblico e la possibilità di un’accelerazione dell’inflazione, che porterebbe a tassi di interesse più elevati, ma nei prossimi sei mesi questo rischio è basso” In particolare è presto per potere archiviare la questione dazi come un qualcosa di già scontato dall’intelaiatura dell’economia globale.
Se le tariffe, nel corso della seconda metà del 2026, dovessero cominciare farsi sentire sul CPI statunitense in maniera più rilevante rispetto a quanto visto finora, le sorprese negative a livello di decisioni della Federal Reserve sarebbero da mettere in conto. Kyrklund infatti al riguardo sottolinea un punto di fondamentale importanza ossia che i mercati allo stato attuale prevedono uno scenario ben più benigno rispetto a quanto evidenziato dai dot plot della Banca Centrale statunitense. Questi ultimi infatti vedono per la fine del prossimo anno i Fed Funds al 3,5%, appena 25 punti base al di sotto del livello corrente. Invece il future sul suddetto tasso benchmark quota per tale data un valore molto più vicino al 3%. Schroders sembra per l’appunto sposare la linea della prudenza tanto da non stimare ulteriori sforbiciate nel 2026.
La lotta per la stabilità dell’inflazione oggi rappresenta un pilastro fondamentale per il buon andamento degli asset rischiosi. In particolare, come sottolineato per l’appunto dalla CIO di Schroders il complesso del debito pubblico nei paesi sviluppati sicuramente costituisce un’incognita per un equity altrimenti ben posizionato:” Guardando alle valutazioni di mercato, pensiamo che i mercati azionari siano ancora sostenuti dal fatto che i rendimenti obbligazionari sono ben equilibrati”.
Interessante peraltro è l’approccio proposto, esso vede ulteriori potenzialità per gli hyperscaler tecnologici americani di incrementare ricavi e utili nei prossimi trimestri. Al growth made in Usa per eccellenza andrebbe però accompagnata una diversificazione su securities con caratteristiche praticamente opposte, sempre per Kyrklund:” il 2025 ha mostrato i vantaggi della diversificazione geografica e il value ha registrato una performance positiva al di fuori degli Stati Uniti. Il debito dei mercati emergenti offre dinamiche migliori e rendimenti reali più elevati rispetto al debito dei mercati sviluppati. E ci sono opportunità di generare reddito dalla diversificazione degli investimenti, come i titoli inflation-linked e il debito infrastrutturale”.
Boris Secciani
Nato a Bologna nel 1974, a Milano ho completato gli studi in economia politica, con una specializzazione in metodi quantitativi. Ho cominciato la mia carriera come broker di materie prime negli Usa, per poi proseguire come trader sul forex. Tornato in Italia ho partecipato come analista e giornalista a diversi progetti. Sono in FONDI&SICAV dalla sua fondazione, dove opero come Responsabile dell'Ufficio Studi. I miei interessi si incentrano soprattutto sul mondo dei tassi di interesse e del reddito fisso, sulla gestione del rischio di portafoglio e sull'asset allocation.

