A cura di Alessandro Fugnoli, Strategist, Kairos
Se il terzo trimestre è stato una fase nel complesso felice con inflazione in calo e crescita dell’economia molto buona (ci riferiamo agli Stati Uniti), le settimane che ci separano dalla fine dell’anno vedranno più inflazione e meno crescita.
Si tratterà, probabilmente, di una abbastanza breve interruzione della fase di recupero post-pandemico, che finora ha sfebbrato l’inflazione senza fare danni rilevanti all’economia globale. Attraversarla, per i mercati, sarà però impegnativo perché il rallentamento dell’economia darà qualche spazio alle letture più negative, quelle che da più di un anno vanno predicando la recessione e che finora sono state chiaramente smentite.
Un ostacolo insidioso, per una produzione industriale che globalmente quest’anno ha segnato il passo, verrà dal massiccio sciopero del settore dell’auto americano. L’intenzione del sindacato, che ha presentato richieste particolarmente aggressive, è quella di fiaccare la resistenza delle case produttrici con mesi di scioperi a scacchiera e a sorpresa. A meno che non venga raggiunto un accordo in tempi brevi, lo sciopero potrebbe indebolire seriamente i dati del manifatturiero nelle prossime settimane.
Un altro problema è rappresentato dal petrolio. La domanda globale è ancora forte. Ma i tagli alla produzione di Russia e Arabia Saudita sono dichiaratamente volti a provocare un avvicinamento del prezzo ai 100 dollari.
A questo si aggiunge il probabile graduale shutdown della pubblica amministrazione negli Stati Uniti. Lo scontro politico sulla politica fiscale arriverà ancora una volta, a meno di un accordo all’ultimo minuto, a questa misura estrema. Le conseguenze per l’economia non saranno rilevanti. Ma il conflitto metterà in luce ancora una volta le disfunzionalità del sistema politico americano e lo scontro sui costi della crisi pandemica.
L’inflazione, dunque, tornerà a salire. Ma riprenderà a scendere con il nuovo anno. Le Banche Centrali procederanno in ogni caso con grande cautela. La BCE e la Bank of England resteranno ferme. E l’unica che potrebbe muoversi ancora al rialzo è rimasta la Fed, che per ora si tiene le mani libere. Continuerà però il Quantitative Tightening.
La liquidità scenderà, ma verrà comunque mantenuta a livelli più che sufficienti per garantire il normale funzionamento del sistema. Quelli che si potrebbero cominciare a sentire presto sono i primi effetti delle politiche di erogazione del credito da parte delle banche, rese più severe nei mesi dopo le crisi bancarie di primavera.
Venendo agli strumenti finanziari, assisteremo nel prossimo periodo all’avvio del processo di disinversione della curva dei rendimenti. Per ora vediamo il rialzo dei rendimenti della parte lunga. Nel 2024 vedremo un cauto ridimensionamento dei rendimenti della parte breve.
L’allocazione da qui a fine anno sarà preferibilmente difensiva. Ancora titoli obbligazionari brevi, dunque, e azioni del comparto value. I titoli azionari legati alla crescita hanno corso molto negli ultimi 12 mesi e una pausa di consolidamento sembra opportuna. Quanto ai ciclici, le difficoltà del settore industriale globale suggeriscono anche qui una certa prudenza.
I nodi dell’ultima parte di questo 2023 non ci inducono a cambiare la visione d’insieme sul 2024. Sarà un anno di inflazione in discesa e di crescita moderata, due elementi che non dispiaceranno ai mercati.
Redazione
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