A dicembre il Cpi statunitense ha toccato +7%, il valore più alto da quasi 40 anni a questa parte e soprattutto un livello molto più elevato di quanto previsto dal consensus.
Inoltre, l’obbligazionario ha visto un improvviso rialzo degli interessi, con il Treasury decennale oltre l’1,9%. Infine in netta caduta anche l’azionario. Il rischio è che la Fed non riesca più a controllare la crescita dei prezzi e soprattutto che abbia difficoltà a trovare una politica coerente. Problemi arrivano anche dai consumi Usa, che rappresentano uno degli assi portanti dell’economia globale. Il pericolo è che sia arrivato il redde rationem generato dalle misure eccezionali varate durante la pandemia e da un quindicennio di politiche monetarie inusuali
Alla fin fine le previsioni sul 2022 sugli Stati Uniti erano ottimistiche. L’idea era che nel giro di qualche mese la Federal Reserve avrebbe concluso il proprio processo di tapering per passare in un secondo momento a una politica di normalizzazione dei tassi di interesse. Il consensus vedeva come probabili tre rialzi dei tassi per quest’anno e altrettanti nel 2023. Da allora, però, non poche cose sono cambiate, soprattutto con l’arrivo dell’ennesimo dato record sull’inflazione. A dicembre, infatti, il Cpi statunitense ha toccato +7%, il valore più alto da quasi 40 anni a questa parte. Si tratta di un livello ancora più elevato rispetto al già notevole +6,8% visto a novembre. Soprattutto, ormai quasi tutti appaiono convinti del fatto che il ritorno alla normalità nell’andamento del costo della vita non sarà, né particolarmente rapido, né indolore. Di conseguenza, le prime tre settimane dell’anno sono state decisamente pessime per i mercati globali, e in particolare per quelli statunitensi. Inoltre, precedentemente era stato ipotizzato un bearish flattening della curva dei governativi made in Usa, con il decennale che avrebbe potuto raggiungere quota 2% di Ytm entro la fine dell’anno.
La previsione si è avverata nelle prime tre settimane di contrattazione, scatenando una fase di notevole diminuzione della propensione al rischio. Infatti il Treasury decennale ha superato quota 1,9% in una maniera molto più rapida rispetto a quanto gli investitori si aspettassero.
A farne le spese sono stati innanzitutto gli investimenti incentrati sulle nicchie più futuristiche e volatili della tecnologia, dai cripto asset alle società It di minori dimensioni e/o dai multipli più elevati. Il risultato è che in questo arco di tempo il Nasdaq Composite ha operato una robusta correzione lasciando sul terreno oltre il 15% dai massimi storici di novembre, con una performance Ytd intorno a -12%. La botta si è comunque sentita anche sui maggiori player It e dei consumi discrezionali (oltre che sul resto del listino), tanto da portare l’intero S&P 500 alle soglie della correzione. Dopo tanti anni di totale dominio statunitense a livello equity, fa inoltre una certa impressione vedere Wall Street sottoperformare in maniera marcata il complesso degli asset rischiosi, comunque avaro di soddisfazioni in queste prime settimane del 2022.
La Fed si gioca la reputazione
A questo punto, andando avanti nel corso dei mesi, che cosa ci si può ragionevolmente aspettare dalla politica monetaria Usa? Non sorprendentemente, il percorso futuro della più importante Banca centrale del pianeta appare oggi meno scontato rispetto a solo qualche settimana fa.
Dopo il completamento del tapering, infatti, molto dipenderà da un quadro diventato all’improvviso incerto e sul quale la Fed si gioca la reputazione. Quest’ultima, lassista ormai da tempo immemorabile, sta ora cominciando a fornire segnali che sono interpretati dagli investitori come una bocca piena di denti digrignati in bella vista.
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Boris Secciani
Nato a Bologna nel 1974, a Milano ho completato gli studi in economia politica, con una specializzazione in metodi quantitativi. Ho cominciato la mia carriera come broker di materie prime negli Usa, per poi proseguire come trader sul forex. Tornato in Italia ho partecipato come analista e giornalista a diversi progetti. Sono in FONDI&SICAV dalla sua fondazione, dove opero come Responsabile dell'Ufficio Studi. I miei interessi si incentrano soprattutto sul mondo dei tassi di interesse e del reddito fisso, sulla gestione del rischio di portafoglio e sull'asset allocation.

