«In un Paese che affronta sfide demografiche inedite, con un crescente invecchiamento della popolazione, il vostro lavoro ha un valore sociale decisivo: aiutare i cittadini a costruire previdenza complementare, a proteggere i propri cari, a difendere il potere d’acquisto messo alla prova dall’inflazione. Non è soltanto economia, è coesione sociale». Con il commento a queste parole che fanno parte del messaggio che Antonio Tajani, ministro degli esteri, ha inviato al consueto meeting annuale di Efpa, che si è svolto a Firenze il 2 e 3 ottobre presso il Maggio musicale fiorentino, Nicola Ardente, presidente Efpa Italia ha aperto i lavori. Il tema di quest’anno è stato “Market timing vs time in the market – Il tempo giusto, il ritmo per le nuove generazioni”.
I QUATTRO PROCESSI SOCIALI
Dopo il presidente, come ormai di consuetudine, ha parlato Giorgio De Rita, segretario generale del Censis, che ha fatto un intervento molto articolato sui grandi cambiamenti in atto nella società italiana: «Vedo quattro processi sociali che si stanno declinando; si tratta di fenomeni che sono lenti per definizione, che hanno bisogno di tempo, si radicano, si trasformano; cambiano la realtà sociale, ma hanno tempi lunghi. Il primo di questi processi è che viviamo in un periodo in cui non c’è più il posizionamento sociale, cioè il modo in cui ciascuno di noi si sente parte della società nel suo complesso.
Veniamo da una lunga storia in cui il posizionamento sociale era dato da un’appartenenza collettiva, che poteva essere fare un lavoro come professionista o appartenere a un partito, a un’associazione o tante altre cose. In pratica, si era connotati dal fatto di appartenere a una comunità, a un gruppo.
Al centro l’individuo
Oggi tutto ciò è stato sostituito dall’identità personale, cioè un fatto strettamente individuale. Il secondo grande processo è la deriva verso l’irrazionale: noi veniamo da una lunga storia in cui la scienza, la razionalità, i grandi maestri tracciavano un percorso. Oggi, e l’abbiamo visto bene con il Covid, con il tema dei vaccini, sempre più persone, anche di livello culturale elevato, dicono: “Ma quelli non ce la raccontano giusta!” C’è una disillusione nei confronti della razionalità. Il terzo processo è il risparmio che è diventato prima un fenomeno sociale, poi un fattore economico. È oggi uno dei grandi processi con cui dobbiamo fare i conti, perché crea rassicurazione; si costruisce non soltanto un’identità ma anche un posizionamento nella storia e nel tempo. “Metto da parte i soldi, perché mi sento sicuro”.
L’idea è costruire una rete di protezione con incertezze crescenti, che spesso ancora non si conoscono. Ma non è solo ricerca di sicurezza, ma anche un modo di realizzare un progetto a lungo termine, qualunque esso sia. Infine, il quarto processo, è l’adattamento sociale, il provare a resistere, galleggiare, che ha due facce: da una parte meglio galleggiare che affogare, dall’altra, galleggiando soltanto, non si va da nessuna parte. E questa mancanza di respiro verso il futuro non va più bene, oggi serve una proiezione in avanti. Questi quattro processi hanno la conseguenza che finiamo per trascurare i problemi strutturali del nostro Paese: questa dimensione individuale, questa accumulazione di risparmio come risoluzione di un progetto, questa capacità di adattamento che è tutta personale, basata solo su ciò che si è, che si pensa, alla fine ci porta a essere dei sonnambuli: ci muoviamo in una società senza capire i veri problemi strutturali».
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Redazione
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