Intervista a Scott Helfstein, Head of Thematic Solutions di Global X

Credete che le aspettative di prospettive economiche migliori in molti paesi emergenti contribuiranno ad attenuare il rischio rappresentato dall’aumento dei tassi di interesse globali?
Scott Helfstein

Ormai da qualche tempo, senza troppo clamore, i mercati emergenti si comportano in maniera anticiclica rispetto a Stati Uniti, Europa e Giappone.

La Cina, ad esempio, nel 2016 ha stimolato l’economia quando la crescita degli Stati Uniti stava scendendo sotto il 2%. Su base annua, la crescita statunitense si attesta ora all’1,7%: mentre la crescita americana rallenta, i mercati emergenti potrebbero accelerare.

Colpiti duramente dal Covid, molti paesi emergenti hanno impiegato più tempo a riprendersi rispetto agli Stati Uniti e all’Europa. E potrebbero ora beneficiare dell’aumento dei prezzi delle materie prime. Il Fondo Monetario Internazionale prevede una crescita a due cifre per i mercati emergenti nel 2022. Un risultato che batterebbe anche l’inflazione e dunque può rendere l’area interessante per gli investitori.

Detto questo, sia i titoli statunitensi sia quelli globali sono stati molto sensibili alle aspettative sui tassi di interesse a breve termine. La continua normalizzazione a seguito della pandemia e la graduale riapertura della Cina dopo la politica “Covid-zero” potrebbero rendere i mercati emergenti un’opportunità sottovalutata.

Quali paesi o aree emergenti potrebbero uscire rafforzate in caso di attenuazione o risoluzione delle tensioni geopolitiche in corso?

Le tensioni geopolitiche sono certamente aumentate, con un grave conflitto in corso in Europa e le relazioni tra Stati Uniti e Cina che restano tese. Con l’avvicinarsi del Congresso nazionale del Partito Comunista Cinese, che si tiene ogni cinque anni, gli investitori nei Paesi emergenti potrebbero oscillare tra ottimismo e cautela.

Potrebbero arrivare prese di posizione diplomatiche da entrambe le parti, Stati Uniti e Cina, con possibile aumento della volatilità a breve termine nel corso dell’autunno. I produttori di materie prime sono comunque interessanti, poiché la domanda di prodotti tecnologici, dai veicoli elettrici agli smartphone, rimane elevata. Pensiamo ad esempio ai Paesi con giacimenti minerari e di terre rare.

I prezzi del litio sono aumentati di oltre il 200% all’anno nell’ultimo biennio; nello stesso arco di tempo, il cobalto è salito del 25% all’anno. Entrambi questi metalli sono fondamentali per la tecnologia delle batterie.

Con alcuni Paesi sviluppati, come il Giappone, che a causa dei prezzi elevati del petrolio e del gas stanno ripensando la loro strategia nei confronti del nucleare, la domanda di uranio è in aumento. Paesi come il Brasile, il Cile e il Vietnam, che possiedono importanti depositi minerari, potrebbero essere favoriti da una domanda sempre più abbondante.


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Stefania Basso

Laureata all'Università Statale di Milano, dal 2006 collaboro con Fondi&Sicav. Lunga esperienza nel settore del risparmio gestito come marketing manager presso Franklin Templeton Investments e J.P. Morgan Fleming Am a Milano e a Lussemburgo. Breve esperienza presso Lob Media Relations come ufficio stampa per alcune realtà finanziarie estere. In tutto il mio percorso professionale ho lavorato a stretto contatto con persone provenienti da diverse parti del mondo, che mi hanno permesso di avere un approccio dinamico e stimolante e di apprendere attraverso il confronto con realtà differenti.