Apparentemente, con circa 200 consulenti finanziari e Aum per 3,5 miliardi di euro alla fine del 2023, Finint Private Bank non è una protagonista assoluta del mercato. Ma, se si osservano i dati con attenzione, si notano alcune caratteristiche che rendono questa sorta di boutique finanziaria estremamente interessante. Innanzitutto, la raccolta pro capite sta conseguendo risultati significativi, per di più ottenuta da una rete costituita in gran parte da professionisti che operano con la formula fee only. Inoltre, la fabbrica di prodotti private del gruppo Banca Finint offre un portafoglio di strumenti ad hoc per gli imprenditori e la clientela private. Infine, il fatto che la società sia attualmente molto concentrata sul Nord-Est dell’Italia e la Lombardia ha fatto sì che il rapporto con questa ambita categoria di clientela sia stato sempre fortissimo.

A parlare di Finint Private Bank e dei programmi di sviluppo è Paolo Tenderini, che è da circa sei mesi amministratore delegato e ha lasciato, per ricoprire l’attuale incarico, il ruolo di country head per l’Italia di Edmond de Rothschild. 

Voi avete una caratteristica: pur essendo una società relativamente piccola, avete riportato numeri molto interessanti nella raccolta pro capite. Come fate?

«Sono due le basi. La prima è il modello di business che è centrato sulla consulenza evoluta: è un tema di assoluta attualità e ormai tutti ne parlano al punto che anche le associazioni stanno cominciando a fornire dati statistici su questa modalità di advisory, che noi, peraltro, portiamo avanti da più di 10 anni; è un modello al quale i professionisti che lavorano con noi sono ormai abituati ed è facile capire il perché. La consulenza evoluta, rispetto alla vendita del prodotto, allontana il consulente dal conflitto di interessi che sostanzialmente si crea tra la banca e il cliente. Questo fattore ci sta favorendo grandemente nella nuova raccolta». 

La media del mercato per la consulenza evoluta è sotto il 20%. Voi a quale livello vi ponete?

«Per quanto riguarda gli Aum, siamo al 42%, in termini di fatturato oltre il 50%. Siamo quindi nettamente al di sopra della media nazionale. Ed è un vantaggio competitivo che vogliamo mantenere. Quando i colleghi recepiscono la validità di questa tipologia di approccio e la comprendono anche i clienti, è difficile tornare indietro, anzi. Siamo determinati a fare diventare ancora più importante questa nostra caratteristica all’interno del nostro modello di business».

Quando siete in trattative con un consulente, questo argomento attira nuovi professionisti?

«All’inizio molti fanno fatica a capire, perché quando non sei abituato e vivi in altre realtà, tendi a portarti dietro lo zainetto di consuetudini che avevi prima. Eliminare quello zainetto è difficile, però è facile capire il valore del cambiamento che proponiamo. L’esperienza che stiamo facendo con i colleghi che sono entrati da poco sono illuminanti: da parte nostra viene tolto qualsiasi tipo di conflitto di interessi e anche il cliente è molto più tranquillo nei rapporti con la banca, perché la trasparenza è alla base del concetto di consulenza evoluta e questo fatto lo si capisce subito».

Qual è il secondo elemento, cui accennava precedentemente, che ha spinto la raccolta pro capite?

«L’altra base importante dei buoni risultati ottenuti è la creazione di sinergie con il Gruppo Banca Finint, di cui Finint Private Bank fa parte, che è un protagonista storico nell’investment banking e nell’asset management: sul piano dei contenuti e delle capacità fornisce grandissime opportunità. Sul lato investment banking siamo tra i primi operatori nel mercato dei mini-bond e dei basket bond e abbiamo realizzato diverse belle operazioni negli ultimi nove mesi. Nell’asset management siamo fortissimi nel mondo private market, soprattutto lato debito, real estate, alberghiero, energie rinnovabili, cartolarizzazioni. Sono tutte argomentazioni che possiamo portare al tavolo del cliente imprenditore. La creazione di sinergie con il resto del gruppo ci sta mettendo veramente nella condizione di generare ottimi risultati sul lato della crescita. Ciò per quanto riguarda i clienti, ma, anche quando guardo ai consulenti, noi oggi possiamo raccontare una storia che è molto interessante per un professionista di questo settore. Sebbene il nostro sia un mestiere tradizionale, ci sono tante caratteristiche che messe insieme in una dimensione come la nostra permettono di concentrarsi sul cliente e dare soddisfazione a tutte le sue necessità in modo attuale, moderno, con una grande attenzione ad avvicinare la finanza all’economia reale, agli investimenti sostenibili».

Quindi voi potete contare sulla vostra fabbrica prodotti.

«Esattamente. Puntiamo molto sulle sinergie che si possono creare tra le varie realtà che compongono il Gruppo Banca Finint. Per esempio, la nostra Sgr, Finint Investments,  è una delle prime quattro-cinque sgr per dimensioni in fondi chiusi; quindi, in quegli investimenti non traditional asset che oggi riscuotono molto interesse. Nell’asset allocation tipica di un cliente di medie dimensioni deve cominciare a entrare anche questo tipo di strumenti, perché danno un rendimento maggiore, hanno una volatilità minore, ma soprattutto avvicinano all’economia reale i portafogli dei clienti, molto di più di quanto si possa fare con i prodotti liquidi».

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Redazione

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