Negli ultimi mesi la volatilità dei mercati finanziari ha messo sotto pressione investitori e operatori del settore.
A differenza di quanto accade solitamente, l’incertezza attuale non nasce da fattori macroeconomici o eventi globali misurabili, ma da una forte imprevedibilità politica. Per capire come stanno reagendo le principali realtà della consulenza, abbiamo intervistato
Giuseppe Paleari, Direzione Wealth Management – responsabile Milano e provincia di Finint Private Bank.
«È assolutamente vero: stavolta ci siamo trovati davanti a una forma di volatilità atipica, perché non originata da fattori macroeconomici o eventi globali oggettivamente misurabili, ma da un’imprevedibilità politica radicale.
La comunicazione disintermediata via social, gli annunci estemporanei e la crescente polarizzazione hanno alimentato instabilità nei mercati, senza però fornire parametri chiari per una lettura prospettica e razionale. L’insieme di questi fenomeni ha generato, soprattutto nei primi giorni, un sentimento di disorientamento.
I clienti non erano nel panico, ma chiedevano che cosa significasse tutto ciò per i loro investimenti. In questo contesto, la reazione è stata più matura del previsto. Negli ultimi anni abbiamo lavorato molto sulla costruzione di una cultura finanziaria basata su obiettivi, orizzonti temporali e reale diversificazione. E questo impegno ha pagato. La maggior parte dei clienti ha riconosciuto che la volatilità non rappresenta necessariamente un errore di portafoglio, ma una caratteristica dei mercati da governare con lucidità».
«L’impegno dei consulenti è stato intenso, ma non nella forma “reattiva” di una corsa al ribilanciamento.
È stato un lavoro di presenza, di ascolto e di interpretazione, che ha confermato quanto la consulenza oggi sia sempre più una funzione di lettura strategica del contesto, non di semplice asset selection. Dal punto di vista dei portafogli, non abbiamo avuto bisogno di grandi stravolgimenti. Anzi, molti clienti hanno potuto constatare che la costruzione fatta nei mesi precedenti era già orientata alla prudenza. Eravamo, infatti, ben posizionati tatticamente, grazie al lavoro continuo della nostra direzione investimenti, che opera in stretto coordinamento con la rete.
In particolare:
• avevamo una quota significativa di oro nei mandati più evoluti e nei portafogli consulenziali, non come scommessa, ma come assicurazione di lungo periodo contro l’incertezza geopolitica e la disconnessione dei mercati;
• la scelta di sovraponderare l’Europa rispetto agli Stati Uniti si è rivelata opportuna in questa fase, anche in chiave valutaria;
• avevamo coperto in misura significativa il rischio di cambio sul dollaro, convinti che la volatilità politica Usa si sarebbe tradotta in ulteriore instabilità per i portafogli in euro;
• infine, grazie a una view di medio termine che portiamo avanti da mesi, avevamo una quota molto bassa di titoli governativi Usa a duration elevata.
Questa combinazione ha permesso una tenuta complessiva molto buona, rafforzando la fiducia nei nostri modelli consulenziali.
Con i clienti più esposti emotivamente, spesso per sovraccarico informativo, il primo passo è stato rimettere ordine nel rumore.
Abbiamo privilegiato l’empatia rispetto alla tecnica: ascoltare prima di proporre, comprendere prima di spiegare. Abbiamo utilizzato strumenti concreti: analisi di scenario e comportamentali, stress test su eventi passati, simulazioni di lungo termine.
Ciò ha aiutato il cliente a rientrare nel proprio orizzonte temporale, a non farsi trascinare dall’immediato. In parallelo, la nostra direzione investimenti ha svolto un ruolo cruciale nel supporto alla rete. Attraverso webinar, note operative, aggiornamenti strategici e contenuti tempestivi, abbiamo garantito un flusso costante di visione.
In particolare, il nostro ufficio studi, The Lighthouse, si è dimostrato uno strumento straordinario: ha permesso ai consulenti di ricevere analisi tempestive, accessibili e coerenti, da condividere con i clienti in modo professionale, ma comprensibile».
Redazione
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