Secondo June-Yon-Kim, portfolio manager di Lazard Am, il Giappone è nel mezzo di un cambiamento strutturale di lungo periodo, grazie al processo di riforma che ha riguardato il tessuto industriale del paese.
Il passaggio dalla deflazione all’inflazione, seppur modesta, fa ben sperare le aziende giapponesi. Le valutazioni di lungo termine non rispecchiano ancora il potenziale del mercato azionario.
June-Yon-Kin ritiene che i titoli azionari giapponesi siano da tempo una delle opportunità più interessanti da cogliere sul mercato e tale convincimento si è rafforzato nell’ultimo anno. Le motivazioni che sottendono questa considerazione possono essere riassunte in quattro punti.
- Le valutazioni sono attrattive rispetto a quelle di altri mercati sviluppati, nonostante il corso rialzista degli ultimi 12 mesi. Esse sono anche le più convenienti in base al rapporto prezzo-utile (Cape) corretto per il ciclo.
- La politica monetaria espansiva della Banca del Giappone (BoJ), mentre molte altre istituzioni centrali dei mercati sviluppati adottavano misure opposte, ha portato a un indebolimento dello yen. In base al tasso di cambio effettivo reale, la valuta è la più conveniente da cinquant’anni a questa parte. Ciò fa sì che la competitività globale del Giappone sia la più forte degli ultimi decenni.
- Le riforme strutturali introdotte dal primo ministro Shinzo Abe, nel 2012, anche se inizialmente deludenti per i mercati, hanno stabilito il quadro di riferimento per una governance aziendale più forte. A gennaio, la Borsa di Tokyo (Tse) ha iniziato una campagna volta a rendere le società giapponesi più attraenti per gli investitori. Tra i nuovi requisiti, le aziende che scambiano costantemente al di sotto del valore contabile devono presentare un piano di miglioramento per “adeguarsi o spiegare”. Si tratta di un passo significativo perché quasi la metà delle 1.832 società quotate nel Prime Market (la divisione del mercato con i più alti standard di quotazione) ha un rendimento del capitale proprio inferiore all’8%, un rapporto prezzo/valore contabile inferiore a 1,0 al 31 marzo 2023, o entrambi. Il Tse ha inoltre esortato le società quotate a intraprendere azioni volte a rafforzare valore aziendale a lungo termine, ad esempio promuovendo una “gestione attenta al costo del capitale”. Lazard Am, sulla base degli incontri con le aziende giapponesi, ha rilevato un cambiamento nel comportamento del management, tanto da pensare che il Tse possa essere sulla strada giusta per raggiungere il suo obiettivo di aumentare il coinvolgimento degli investitori.
- Dopo decenni di deflazione, l’inflazione è finalmente tornata a manifestarsi in Giappone e ciò dovrebbe migliorare le valutazioni, come è successo negli Stati Uniti negli anni ’90. Inoltre, con l’aumento delle aspettative di inflazione, è probabile che i consumatori giapponesi si sentano a proprio agio nello spendere di più, alimentando potenzialmente la crescita economica. Anche la politica sui prezzi delle aziende dovrebbe cambiare, con aumenti non di natura temporanea. È probabile che le pressioni inflazionistiche abbiano altri effetti di vasta portata. La scorsa primavera, la negoziazione annuale sul lavoro nota come shunto ha portato a un aumento dei salari di base del 2,1% per il nuovo anno fiscale, quasi il doppio delle aspettative e l’aumento più alto anno dal 1992. Cioè importante perché i funzionari della BoJ hanno dichiarato di prestare particolare attenzione alla crescita salariale nel considerare la normalizzazione della politica monetaria.
Infine, all’inizio di quest’anno, il governo ha finalizzato delle modifiche per rafforzare il sistema del Nippon Individual Savings Account (Nisa), un programma lanciato nel 2014 nell’ambito dell’Abenomics che utilizza incentivi fiscali per incoraggiare i risparmiatori a investire in attività di rischio. Triplicando gli importi di investimento consentiti e rendendo illimitato il periodo di esenzione fiscale, si potrebbe influenzare il modo in cui le famiglie giapponesi gestiscono i loro bilanci.
Redazione
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