La sovraperformance delle azioni Usa giustifica un sovrappeso in portafoglio, grazie in particolare alla crescita degli EPS 

 

Un aspetto interessante dell’economia statunitense, sottolineato da Sharmin Mossavar-Rahmani, Head of the Investment Strategy Group and Chief Investment Officer of Wealth Management e Brett Nelson, Head of Tactical Asset Allocation for the Investment Strategy Group di Glodman Sachs, è la sua diversificazione fra prodotti e servizi hi-tech e risorse primarie.

Alle aziende americane è riconducibile infatti il 48% del fatturato generato dal settore dei microchip a livello globale. Al contempo la dotazione locale di risorse naturali è a dir poco gigantesca: in Usa infatti troviamo il 22% della terra arabile del pianeta. Il paese inoltre è il maggiore produttore al mondo di petrolio e gas naturale liquefatto. Per quanto riguarda quest’ultima commodity, gli Stati Uniti detengono la leadership mondiale anche a livello di esportazioni.

Tale potenza sia nei picchi che, per così dire, a valle dei componenti del pil mondiale si traduce in una stabile e continua crescita degli EPS delle proprie aziende quotate. E’ interessante notare come dai massimi del terzo trimestre del 2007 fino allo stesso periodo del 2023 si sia registrato un raddoppio di tale grandezza.

L’azionario nel resto del pianeta invece ha messo a segno un incremento dell’EPS pari a un ben più modesto +22%. Sempre Mossavar-Rahmani e Nelson sottolineano come tale discrepanza non sia stata dovuta solamente alle società del vasto ecosistema dell’IT. Infatti un forte sovra-performance in termini di profitti si è registrata in tutti i comparti eccetto un paio.

Secondo Nelson nei prossimi 5 anni l’equity del resto del mondo potrebbe offrire rendimenti lievemente più alti rispetto all’S&P 500, a causa delle valutazioni elevate di quest’ultimo. Al contempo però Nelson ricorda come sia consigliabile rimanere investiti in azioni made in Usa grazie al robusto andamento dei risultati societari, cosa che dovrebbe portare a rendimenti nella parte alta della singola cifra anche a fronte di un minimo di calo delle quotazioni.

Peraltro non sarebbe la prima volta in cui storicamente si è registrata una buona crescita dell’S&P 500 sul quinquennio nonostante un punto di partenza caratterizzato da multipli elevati, grazie, per l’appunto, a sorprese positive a livello di EPS.