A colloquio con Kevin Thozet, membro del comitato investimenti di Carmignac

 

Gli high yield bond stanno evidenziando un buon livello di resilienza nei periodi di maggiore incertezza dei mercati finanziari. A quali fattori imputate questa forza?

 

Kevin Thozet

Negli ultimi due anni, i mercati del credito si sono affermati come il segmento obbligazionario con le migliori performance, in un contesto in cui la strategia basata sul carry si è rivelata decisamente più efficace rispetto agli asset difensivi, come le obbligazioni a lunga scadenza.

Storicamente, il rendimento di un dato strumento o portafoglio è quello che si ottiene fino alla scadenza o, nel peggiore dei casi, rimane la migliore indicazione del potenziale di rendimento.

Ma è anche il modo più efficace per affrontare l’incertezza. I titoli high yield hanno dimostrato una forte resilienza durante la fase di stress di mercato successiva al Liberation Day: in quel periodo, infatti, l’indice europeo degli high yield ha registrato un calo contenuto pari a circa -2,5%, mentre l’azionario ha perso fino a -13% nello stesso periodo.

Questa resilienza di breve periodo è riconducibile soprattutto alla componente tasso d’interesse presente nei mercati high yield. Se scomponiamo i mercati high yield tra la componente dei tassi di interesse e quella di spread, notiamo che l’allargamento degli spread di credito (da 300 a 450 punti base nell’ultima fase di stress) ha avuto un impatto negativo di circa -4,5%. Mentre, il calo dei tassi d’interesse (dal 2,4% all’1,8% nello stesso periodo) ha generato un effetto positivo pari a circa +2%.

Nel lungo periodo, invece, è il rendimento implicito di uno strumento obbligazionario a rappresentare la miglior difesa contro la volatilità. Un modello semplice ma realistico consente di tracciare il potenziale rendimento atteso di un investimento obbligazionario: per un portafoglio con rendimento a scadenza del 6%, il movimento dei prezzi corrisponderebbe a un incremento di circa il 2% degli spread di credito o dei tassi d’interesse, o di entrambi. Questo scenario, inoltre, non tiene conto dell’effetto tampone offerto dalla componente dei tassi, intrinseca in ogni investimento in credito, che in caso di un contesto di “risk-off” può fornire un supporto significativo, soprattutto considerando l’ampio margine ancora disponibile in termini di politica monetaria.

Ritenete che gli attuali rendimenti cedolari offerti dai titoli appartenenti all’asset class possano essere considerati interessanti?

I rendimenti offerti dal mercato del credito sono effettivamente tornati in territorio positivo sia in termini nominali sia reali, un aspetto particolarmente interessante in un momento in cui i tassi di riferimento della BCE – e di conseguenza anche i rendimenti degli strumenti di mercato monetario – sono in calo e potrebbero presto scendere al di sotto del tasso d’inflazione.

Se guardiamo agli indici di credito, i rendimenti si sono ridotti, tornando a livelli prossimi a quelli precedenti l’invasione dell’Ucraina. Tuttavia, il nostro compito come gestori attivi è investire in singoli titoli, non negli indici.

Analizzando le opportunità più in profondità, in uno scenario in cui il rischio di una recessione nel breve termine appare contenuto su entrambe le sponde dell’Atlantico, il settore energetico risulta particolarmente interessante. Spesso trascurato dagli investitori per la sua ciclicità o per una scarsa comprensione del funzionamento del settore, questo comparto offre un premio interessante a parità di rating. Oltre a presentare rendimenti più elevati, il settore è stato anche tra i meno colpiti da eventi negativi negli ultimi mesi all’interno del comparto high yield.

Analogamente, anche il settore finanziario è un esempio eloquente del valore relativo che i mercati del credito possono offrire lungo l’intera struttura del capitale. Numerosi strumenti in questo settore presentano rendimenti compresi tra il 5% e il 6%, pur mantenendo un rating investment grade.

Poiché nel lungo termine il principale fattore che contribuisce alla performance di un’obbligazione è il suo rendimento – a condizione che gli eventi di credito siano contenuti – costruire un portafoglio obbligazionario con un rendimento a scadenza intorno al 6% può potenzialmente offrire rendimenti comparabili a quelli dell’azionario nel lungo periodo. Più a lungo i rendimenti si manterranno su questi livelli, tanto più continueranno a presentarsi opportunità interessanti da cogliere.


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Stefania Basso

Laureata all'Università Statale di Milano, dal 2006 collaboro con Fondi&Sicav. Lunga esperienza nel settore del risparmio gestito come marketing manager presso Franklin Templeton Investments e J.P. Morgan Fleming Am a Milano e a Lussemburgo. Breve esperienza presso Lob Media Relations come ufficio stampa per alcune realtà finanziarie estere. In tutto il mio percorso professionale ho lavorato a stretto contatto con persone provenienti da diverse parti del mondo, che mi hanno permesso di avere un approccio dinamico e stimolante e di apprendere attraverso il confronto con realtà differenti.