L’universo ‘investment grade’ è dominato dalle emissioni con rating BBB, quelle più vulnerabili a un eventuale aumento dei tassi
La decelerazione economica globale e l’assenza d’inflazione hanno convinto le banche centrali a riprendere gli stimoli monetari realizzati mediante le operazioni di acquisto titoli e, in alcuni casi, ad optare per ulteriori tagli dei tassi d’interesse (per quelle banche centrali che hanno ancora margini di manovra). Le aziende hanno approfittato di questo scenario favorevole per emettere 2.100 miliardi di nuovi titoli di debito nel corso del 2019.
Il volume complessivo di nuove emissioni registrato nel 2019 ha eguagliato quello archiviato nel 2016 e rappresenta un nuovo ritorno sui massimi per un segmento che accoglie nuovi titoli concentrati in particolare tra gli high yield bond e quelli dotati di rating BBB (appena sopra il livello non investment grade).
Nel suo report annuale dedicato ai corporate bond, l’Oecd evidenzia che qualsiasi movimento al rialzo dei tassi potrebbe innescare una cascata di revisioni al ribasso dei rating che attualmente sfiorano il livello junk. Si tratterebbe di un fenomeno capace di produrre effetti molto negativi per l’economia reale. In totale, secondo i calcoli di S&P Global, il mercato dei bond societari con rating BBB superava l’anno scorso i 7mila miliardi di dollari.
I dati dell’Oecd: il problema è nella qualità e non nella quantità
Secondo i dati raccolti ed elaborati dall’Oecd, il volume complessivo in circolazione di corporate bond (escludendo quelli emessi da società finanziarie) ha raggiunto i 13.500 miliardi di usd. Tuttavia, mettendo a confronto il dato con quelli rilevati in passato, il rischio del mercato non risiederebbe nella quantità ma nella qualità delle emissioni, nella presenza di uno stock di emissioni caratterizzate da scadenze mediamente più lunghe e dell’adozione di clausole di protezione del capitale molto più blande rispetto a quelle previste in passato.
La presenza di tassi d’interesse molto bassi ha permesso alla meccanica del sistema di valutazione creditizia di far crescere la leva finanziaria e, allo stesso tempo, mantenere livelli di rating BBB (il gradino più basso tra quelli inclusi nel gruppo ‘investment grade’). Negli ultimi tre anni, i bond con rating BBB hanno rappresentato il 52% delle emissioni facenti parte dell’universo investment grade.
In assenza del supporto rappresentato dai tassi bassi, il labile confine tra il rating BBB e l’universo junk verrebbe rotto e farebbe scivolare nel gruppo dei titoli meno affidabili un gran numero di emissioni. In questo caso, si assisterebbe a un repentino incremento dei costi di finanziamento che metterebbe in difficoltà le aziende emittenti.
Il meccanismo degenerativo
Un rialzo dei tassi d’interesse può rendere la vita difficile alle nuove emissioni che andranno a sostituire quelle in scadenza. Una recessione economica riduce gli utili delle imprese e complica la restituzione del capitale investito nei titoli prossimi alla scadenza. Le successive revisioni al ribasso dei rating innescherebbero un aumento dei costi di ri-finanziamento del debito. A sua volta, l’incapacità di accedere a nuovi finanziamenti sui mercati dei capitali, alimenterebbe la recessione in corso a causa dell’impossibilità di finanziare nuovi progetti d’investimento.
La metamorfosi dei corporate bond
Il cambio di struttura de mercato dei corporate bond è frutto dell’azione delle banche centrali. Gli acquisti di titoli effettuati dalle banche centrali hanno consentito a società poco affidabili di affacciarsi sui mercati e raccogliere capitali. Il potenziale passaggio di un numero elevato di bond investment grade a junk bond, metterebbe a dura prova la liquidità del mercato dei junk bond.
Il rispetto dei mandati d’investimento sottoscritti dagli investitori istituzionali, inneschererebbe forti vendite da parte di veicoli d’investimento che sono obbligati a detenere in portafoglio solo titoli investment grade. Nel 2019 le emissioni con rating BBB hanno assorbito il 51% del totale dei titoli investment grade. Nel periodo 2000-2007, il peso dei titoli BBB si era fermato al 39% del totale dell’universo investment grade.
L’altro nodo: i junk bond
In passato, la quota totale di junk bond sul totale dei corporate bond emessi a livello planetario si è mantenuta stabile nei pressi del 20%. Attualmente tale quota ha raggiunto il 25%. Questo significa che, in caso di recessione, la percentuale di casi d’insolvenza sarà quasi inevitabilmente più alta rispetto a quanto visto durante le recessioni del passato.
Rocki Gialanella
Laurea in Economia internazionale presso l’Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’. Ho abbracciato il progetto FondiOnline.it nel 2001 e da allora mi sono dedicato allo sviluppo/raggiungimento del target che ci eravamo prefissati: dare vita a un’offerta informativa economico-finanziaria dal linguaggio semplice e diretto e dai contenuti liberi e indipendenti. La storia continua con FONDI&SICAV.

